Esperimenti ganzfeld e meta-analisi in parapsicologia

 Alcune osservazioni metodologiche

di Giovanni Iannuzzo e Giuseppe Scimeca 

  
L'introduzione in parapsicologia sperimentale del Ganzfeld, e successivamente della meta-analisi per lo studio cumulativo dei dati sperimentali ottenuti con questa tecnica, ha prodotto grandi entusiasmi in campo parapsicologico, sino alla convinzione che si fosse finalmente arrivarti alla dimostrazione sperimentale dell'esistenza della psi. In realtà esistono problemi metodologici che ridimensionano drasticamente questi entusiasmi, ma che suggeriscono anche nuove riflessioni sui modelli della parapsicologia sperimentale. 

Introduzione 

L'esperimento ganzfeld 

Materiali e metodi: la prassi del ganzfeld 

Il concetto di ripetizione

 

Introduzione 

  
La ricerca sperimentale sull'ESP, che ai suoi esordi sembrava promettere un proficuo contributo scientifico alla conoscenza dei fenomeni cognitivi in genere, è stata poi caratterizzata da risultati incerti, scarsamente coerenti, raramente inquadrabili in un attendibile quadro di riferimento teoretico e metodologico. Decenni di ricerca non sono riusciti a fornire una dimostrazione sperimentale dell'esistenza di tali fenomeni: un tipo di esperimento dai risultati robusti che rendesse possibile un'osservazione ripetibile dei fenomeni di percezione extrasensoriale. Il modello tradizionale degli esperimenti sulla ESP, infatti, è quello nel quale un soggetto tenta di ottenere una "percezione" in condizioni ragionevolmente controllate, prescindendo da qualsiasi inferenza sensoriale. In genere un soggetto deve "indovinare" un target scelto in maniera randomizzata. I risultati devono essere statisticamente significativi quando sottoposti ai vari test impiegati per la valutazione. I risultati sono stati, in realtà, caratterizzati da una grande instabilità (altamente significativi in un esperimento, del tutto casuali nella ripetizione del medesimo trial tentata da un altro sperimentatore). Questo problema è stato ripetutamente affrontato dai ricercatori, mediante lo studio di una serie di fattori che sembrava potessero influire sui risultati degli esperimenti: fattori di personalità, atteggiamenti nei confronti dell'ESP, variabili emozionali, stati di coscienza, clima emotivo dell'esperimento. Nessuna di queste variabili ha stabilizzato i risultati, sino ad indurre un certo numero di sperimentatori ad ipotizzare vere acrobazie teoretiche, come il cosiddetto psi missing o l'experimenter effect. Ma, a partire degli anni Settanta, una nuova tecnica sperimentale, il ganzfeld, è sembrata la magica soluzione del problema dei risultati ripetibili in parapsicologia. 

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L'esperimento ganzfeld  

 
Metzger coniò nel 1930 il termine ganzfeld per indicare un campo percettivo costruito sperimentalmente per studiare la psicologia della percezione. I soggetti siedono di fronte ad una parete (4 x 4 m) accuratamente intonacata in modo da creare una superficie omogenea che occupi tutto il loro campo visivo. Tale superficie ha una frequenza spaziale nulla poiché è omogenea in intensità e infinita in estensione: in tali condizioni ogni parte della retina riceve un segnale inibitorio dai punti vicini, così che la risposta del sistema visivo (sensitivity) è vicina a zero. Il compito dei soggetti è quello di descrivere la loro esperienza visiva mentre un proiettore illumina il campo di una luce neutra. Le conseguenze tipiche sono la sensazione di essere immersi in un "mare di luce" (o di nebbia), l'adattamento cromatico, la perdita della capacità di scorgere la presenza di alterazioni nell'omogeneità del campo, il disorientamento, un'alterazione del processo di accomodazione, o ancora un'occasionale cessazione dell'attività visiva. 
Negli anni Settanta la procedura ganzfeld fu introdotta in parapsicologia sperimentale da Honorton e Parker, per lo studio della ESP, proprio perché il ganzfeld sembrava innescare un blando stato di coscienza alterato, condizione da sempre (a partire dal mesmerismo e dalle prime esperienze medianiche) ritenuta ottimale in campo parapsicologico per la manifestazione dei fenomeni paranormali, certamente migliore del rigido setting sperimentale introdotto da Rhine. Inoltre, i grandi cambiamenti culturali degli anni Sessanta rilanciarono lo studio scientifico della coscienza e delle sue modificazioni in campo sia psicologico sia parapsicologico, in base alla convinzione che il nostro stato di coscienza ordinario sia uno strumento costruito lungo il corso della vita per adattarsi al meglio nell'ambiente psicologico in cui si è sviluppato, che il processo di acculturazione renderebbe prioritario, rispetto a stati "altri", per favorire un migliore adattamento all'habitat culturale in cui si sviluppa la coscienza stessa.  
Ogni stato alterato di coscienza (che Tart considera una configurazione di sottosistemi psicologici) prevede un ben preciso pattern di esperienze psicologiche, comprendente elementi quali il livello di vigilanza, la gestione dell'attenzione, i processi cognitivi in generale e le emozioni. I resoconti storici ed etnologici che sembravano testimoniare l'evenienza di fenomeni paranormali durante stati alterati di coscienza, incoraggiarono alcuni parapsicologi a considerarli "Psi-Conducive States", condizioni in grado di veicolare l'informazione psi. E ciò potrebbe avvenire per tre motivi: un'attenuazione dell'attenzione rivolta alla realtà esterna; un cambiamento relativamente rapido dello stato di coscienza; il rilassamento, che diminuisce l'attenzione verso informazioni propriocettive ed esterocettive; tali condizioni favorirebbero la strutturazione di "stati interni attentivi", che ridurrebbero la competizione tra ipotetiche informazioni extrasensoriali e normale informazione sensoriale, facilitando l'accesso dell'informazione psi nell'attività immaginativa del soggetto determinando così il verificarsi di fenomeni paranormali. Naturalmente si trattava di una pura ipotesi, che lasciava ampio spazio a una discussione critica. Fra le tante obiezioni possibili v'è quella della definizione specifica dell'ESP come informazione, o della relazione causale fra stati interni attentivi e psi.  
Uno di noi (Iannuzzo) in quello che è il primo (e crediamo l'unico) rapporto formale di esperimenti ganzfeld pubblicato in Italia (1984)[nota1], evidenziò proprio questo tipo di osservazione critica: "Poiché la "stimolazione omogenea"...facilita il flusso dei contenuti ideativi[nota 2] e immaginativi ed è evocatrice di sentimenti, si è ritenuto che fosse possibile manipolare queste costanti adattandole ad una situazione di ESP...La tecnica ganzfeld, quindi, sembra [corsivo non presente nel testo originale] avere tutti i requisiti di tecnica psi-conduttiva. Si tratta, naturalmente, di una convinzione solo parzialmente dimostrata dalla ricerca di laboratorio. Essa è infatti basata su un modello "informazionale" della psi: secondo tale modello la psi è una sorta di informazione con un input inferiore a quello delle informazioni sensoriali normali. Si ha, quindi, nel passaggio dell'informazione psi dall'esterno all'interno dell'organismo una sorta di interferenza che impedisce a tale informazione di divenire cosciente e di essere coscientemente percepita. In base a questo modello di può supporre che abbassando la "soglia" dell'input esterocettivo sia più facile al soggetto percepire l'informazione psi. Il modello, infatti, postula una proporzionalità inversa tra input esterocettivo e psi, e, conseguentemente, è postulabile che una maggiore introiezione del soggetto con una riduzione delle informazioni normali afferenti all'apparato sensoriale consentano una più rilevante emersione della psi". 

L'ipotesi era comunque fortemente suggestiva, sostenuta peraltro da un'interessante prassi sperimentale.

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Materiali e metodi: la prassi del ganzfeld 

 
Nel ganzfeld, l'alterazione della coscienza è ottenuta estendendo la stimolazione omogenea - che nei primi esperimenti psicologici sulla percezione era limitata alla vista - a tutti i sensi: il corpo viene posto in una condizione di rilassamento, l'udito viene stimolato con un suono contenente tutte le frequenze ("rumore bianco" generato da una cuffia), il campo visivo viene reso omogeneo attraverso l'utilizzazione di una fonte luminosa diretta contro due mezze palline da ping-pong adagiate sugli occhi. Lo stato alterato di coscienza indotto dall'alterazione degli input uditivi, visivi e somestetici (nonché spesso da induzioni di rilassamento) favorisce la cessazione pressoché completa dell'elaborazione delle informazioni sensoriali, permettendo quindi la produzione di un'abbondante attività mentale, in termini essenzialmente di immagini, sensazioni, pensieri assolutamente spontanea e automatica.  
Nella procedura parapsicologica dell'esperimento ganzfeld al soggetto viene chiesto di descrivere la propria attività mentale, mentre contemporaneamente un secondo soggetto sta osservando uno stimolo al primo sconosciuto e non percepibile: l'obiettivo è quello di verificare se in tali condizioni l'attività mentale del primo soggetto è influenzata dallo stimolo. Negli esperimenti meglio riusciti è allora possibile rilevare la presenza di significative somiglianze tra lo stimolo e le immagini prodotte dall'attività mentale del soggetto. Per escludere che tali somiglianze siano casuali, viene attuata la seguente procedura: alla fine della verbalizzazione il soggetto viene chiamato a individuare il target corretto (cioè lo stimolo presentato durante la fase in cui veniva registrata la sua attività mentale) che viene presentato insieme ad altri tre target che servono per attuare una procedura di controllo. In base alle leggi del caso, cioè se non intervenisse alcun fattore in grado di facilitare la scelta del target, ci si attenderebbe un tasso di successo del 25%. Nell'esperimento descritto i soggetti sono stati in grado di scegliere correttamente la sequenza corretta in una proporzione di casi pari al 32%, superiore a quanto atteso in base al caso. 

L'esperimento ganzfeld ha consentito sin dall'inizio di osservare una discreta percentuale di successi anche se non sistematicamente. I dati complessivi sino al 1980, valutati da Susan Blackmore, mostravano percentuali di successo che oscillavano dal 50% al 58% degli esperimenti condotti, le variazioni essendo dovute ai diversi autori che avevano elaborato le rassegne. Un calcolo medio stabiliva che, cumulando studi pubblicati e non pubblicati, la media di studi con risultati significativi era del 50%, e indipendentemente da fattori di selective reporting, tanto da fare affermare alla Blackmore: "Se i risultati positivi non sono dovuti alla psi ma sono spuri, ciò deve essere per qualche ragione attribuito a errori metodologici, a super analisi qui non esaminate, bias inconsci, risposte non veritiere, o frode deliberata, o altri fattori simili. Non sono dovuti unicamente al selective reporting". Esistevano, insomma, fondati motivi per ritenere che la tecnica ganzeld potesse validamente contribuire a risolvere il problema della ripetibilità dei fenomeni psi, quello stesso problema che la Blackmore, nell'articolo più sopra citato, definì "an elusive goal for parapsychology". Dalla necessità di risolvere questo problema nacque l'idea di applicare le tecniche meta-analitiche per misurare la complessiva non casualità degli esperimenti ganzfeld. 

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Il concetto di ripetizione 

 
Il grande problema della parapsicologia sperimentale è sempre stato quello di non produrre esperimenti stabilmente ripetibili, dai risultati costantemente significativi. È ovvio quindi che di fronte alle oscillazioni statistiche degli esperimenti parapsicologici sia sorto il dubbio che il complesso dei risultati potesse essere considerato un puro frutto del caso. 

Non bisogna però credere che l'esistenza di una relazione implichi la sua costante osservabilità statistica. Solo un esperimento con una potenza statistica estremamente elevata e che analizza un fenomeno molto attendibile può consentire la realizzazione consecutiva di repliche sperimentali. La potenza indica la probabilità di accettare l'ipotesi alternativa quando essa è vera. L'ipotesi alternativa di una ricerca è l'ipotesi che si intende sostenere: nel caso della parapsicologia è l'intervento della psi. Scrive Rosenthal: "Dati i normali livelli di potenza statistica con cui noi normalmente operiamo, non abbiamo nessun diritto di aspettarci la proporzione di risultati significativi che tipicamente ci aspettiamo, anche quando in realtà siamo in presenza di un effetto robusto". Ad esempio se consideriamo 100 esperimenti ganzfeld ciascuno con una potenza statistica di 0,33 (n = 30 e p = 0,38) non dovremmo aspettarci più di 33 risultati significativi su 100. Questo dato contraddice le nostre intuizioni sulla variabilità campionaria. Tversky e Kahneman (1982) hanno definito tale fenomeno "credenza nella legge dei piccoli numeri". Essi chiesero a un gruppo di 84 psicologi di stimare la probabilità di ripetere un risultato significativo (z = 2,23, p i - 50% - di un campione di 50 lanci).

In realtà sono i campioni di elevata numerosità ad offrire maggiori garanzie di dimostrare una ipotesi vera. 

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La meta-analisi 

 
La meta-analisi è stata, a partire dalle prime applicazioni di Honorton, l'alternativa utilizzata dalla parapsicologia. Essa si basa sulla dimensione dell'effetto che sostituisce la logica dicotomica della significatività (assente o presente) proponendo un criterio continuo di misurazione dell'intensità della relazione tra variabili; il problema non è più la presenza o l'assenza di una relazione, bensì quanto essa sia presente. La dimensione d'effetto è l'unità di misura su cui si basa la meta-analisi, un insieme di tecniche statistiche che consente l'integrazione di risultati provenienti da molteplici studi che analizzano la stessa ipotesi. Essa si pone essenzialmente due obiettivi: la verifica della presenza e della forza della relazione investigata, e la ricerca di eventuali fattori in grado di modificare tale relazione.  
L'introduzione delle tecniche statistiche meta-analitiche nel campo della parapsicologia sperimentale è stata motivata appunto dal tentativo di evidenziare la presenza di risultati che, pur rivelando apparentemente - gli studi statisticamente significativi - la presenza del fenomeno sottostante (la percezione extrasensoriale), non erano in grado di varcare costantemente la soglia significatività. Anziché vedere se la psi è abbastanza presente da produrre dei risultati tanto improbabili da essere significativi, con la logica della meta-analisi si verifica quanto è presente un fenomeno. Nella fattispecie l'obiettivo era quello di recuperare gli esperimenti che pur non essendo significativi, comunque rivelavano la presenza della psi. La cumulazione di tutti gli esperimenti avrebbe consentito di fornire una verifica complessiva della presenza della psi, scavalcando la necessità di rendere ogni esperimento significativo. Per questi motivi la meta-analisi è stata considerata la prassi statistica di maggior credito scientifico in parapsicologia, almeno per la ESP nel ganzfeld, sino a considerarla una dimostrazione scientifica dell'esistenza della percezione extrasensoriale.  
Sono state condotte tre importanti meta-analisi sul ganzfeld: tre blocchi di esperimenti valutati cumulativamente con strategie di integrazione statistica. Nel primo blocco, reso celebre dalla collaborazione fra Honorton e Hyman, l'effetto medio dei 28 esperimenti che utilizzano lo stesso test per la verifica della significatività dei risultati (la proporzione di successi), ammonta a un valore medio di 0,62. In altre parole, in base alle attese del caso, ci si aspetterebbe una proporzione di successi del 25%: se non ci fosse alcuna "fuga di informazioni", cioè, i soggetti dovrebbero riconoscere una somiglianza tra la propria attività mentale e il target una volta su quattro, una media puramente casuale. La proporzione di successi ha invece una media del 35% con una oscillazione tra il 28% e il 43%. La probabilità che tali risultati siano casuali è di 2,1 x 10-11.  
È stato calcolato che sarebbero necessari ben 423 esperimenti di ganzfeld non significativi per rendere casuale il tasso complessivo di successi del primo blocco: un numero assolutamente sproporzionato rispetto alla mole di attività complessiva di esperimenti parapsicologici. Nel 1985 Hyman e Honorton pubblicarono un celebre joint communiqué nel quale concordarono sul fatto che, benché questo primo database di esperimenti avesse avuto un effetto positivo, la risposta sull'esistenza della percezione extrasensoriale doveva essere rimandata ad ulteriori esperimenti condotti in futuro da altri ricercatori con standard di controllo ancora più severi. 
Passiamo così al secondo blocco. E" stata tentata una replica dei primi risultati che ha prodotto undici esperimenti dagli esiti altrettanto forti (Honorton et al., 1990). L'indice medio di effetto è 0,59, ancora una volta di intensità media, con una percentuale complessiva di successi del 32%, con una probabilità di casualità pari a 0,002. Come si può vedere, i risultati sono sovrapponibili a quelli precedenti (si presti attenzione al fatto che i valori z e p sono ridotti a causa del già discusso effetto dovuto all'utilizzazione di campioni di piccola numerosità). Ma anche in questo caso non sono mancate le critiche, tra le quali la più pesante è che non esiste prova che le repliche siano indipendenti; gli esperimenti sono stati pubblicati in un'unica ricerca con il nome di sette autori, senza alcuna distinzione interna. Come scrive Hyman (1994): "Conseguentemente, gli studi di autoganzfeld dovrebbero essere considerati più come un grande esperimento che come 11 contributi diversi".  
La storia della meta-analisi nel ganzfeld culmina con l'ultima meta-analisi che fallisce nel replicare il tanto osannato effetto medio (Milton e Wiseman, 1999). Sono stati valutati ben 30 esperimenti provenienti da sette diversi laboratori per un totale di 1198 prove: l'effetto medio è risultato uguale a 0,013. Come interpretare questi dati? Semplicemente considerando che l'ipotesi che i risultati dell'esperimento ganzfeld siano una conseguenza dell'esistenza dei fenomeni paranormali è errata, per il fatto che, tecnicamente, nessuna meta-analisi può dimostrare l'esistenza dei fenomeni parapsicologici. Per quanto potente sia, un risultato statistico significativo prodotto anche dal più potente metodo di valutazione non è in grado di dimostrare la realtà di un evento empirico. Nel caso della parapsicologia, si conviene sul fatto che l'ipotesi nulla (il controllo) sia la distribuzione campionaria che descrive l'insieme di eventi in cui tutti i fattori "normali" sono controllati; l'ipotesi alternativa sia la distribuzione campionaria che descrive l'insieme di eventi modificati dall'effetto delle capacità paranormali. Cioè si ipotizza che, laddove intervenga un'oscillazione statisticamente significativa dei dati, quel campione di risultati sia inequivocabilmente spiegato dalla psi. Nella teoria della verifica delle ipotesi, l'ipotesi alternativa indica infatti la definizione operazionale della ricerca. 
Il problema è che numerosi fattori possono produrre risultati statistici significativi. Come scrive Hyman: "Operazionalmente, la presenza di un fenomeno cognitivo anomalo è rivelata dall'eliminazione di tutte le altre possibilità" (1995), ovvero la definizione operativa delle variabili parapsicologiche abitualmente considerate mancherebbe di validità di costrutto (come sostengono Cook e Campbel, 1979), poiché non in grado di legare in maniera certa i fenomeni empirici osservati al costrutto teorico di riferimento. È vero che l'esistenza della percezione extrasensoriale porterebbe a descrizioni statisticamente significative, ma non è vero che la presenza di queste ultime indichi con certezza la presenza della ESP.  
Il difetto, in sostanza, sta nella definizione operazionale. "Una buona definizione operazionale deve soddisfare due criteri: a) deve contenere una descrizione delle procedure tanto dettagliata che un altro ricercatore, utilizzando la descrizione fornita, sia in grado di compiere le medesime operazioni: b) deve rappresentare adeguatamente la variabile concettuale sottostante. La maggiore o minore corrispondenza tra la variabile concettuale e la variabile operativa determina la validità di costrutto della definizione operazionale utilizzata" (D'Odorico e Boca, 1995). Le variabili abitualmente considerate paranormali difettano quindi della validità di costrutto; in particolare falliscono nell'individuare degli indicatori osservabili che consentano di risalire in maniera inequivocabile dall'esperienza al costrutto, lasciando sempre il dubbio che qualcos'altro possa essere successo. Nella fattispecie, il qualcos'altro può essere ad esempio una randomizzazione non esatta, la frode, una fuga sensoriale, etc. La garanzia dovrebbe essere l'isolamento sensoriale e fisico, che comunque non può ragionevolmente esistere in assoluto. A garantire la validità interna di una ricerca, cioè che il risultato di un test sia il prodotto delle variabili ipotizzate, è il disegno sperimentale non la significatività statistica: il valore p "...non è una "misura" della correttezza delle altre inferenze che noi potremmo fare" (Bakan, 1966). Poniamo che un esperimento parapsicologico sia significativo a un livello di 0,003; il tre su mille non indica la probabilità che il risultato non sia dovuto a un fenomeno paranormale, bensì la probabilità che il risultato sia casuale: la causa dell'oscillazione statistica è tutta da scoprire. 
Non a caso, Coover, uno psicologo della Stanford University che si occupò di "parapsicologia sperimentale" ben prima che essa fosse ufficialmente fondata da Rhine, sosteneva che per scartare l'ipotesi del caso in un esperimento parapsicologico, si doveva considerare un valore molto basso (lui suggeriva un valore di probabilità inferiore ad 1 su 10000).  
Ma il problema non è ottenere risultati statistici sempre più significativi, bensì, molto più semplicemente, potere osservare stabilmente ed empiricamente dei fenomeni paranormali, un concetto di una semplicità assoluta, ben espresso da Hyman nel 1995: "La parapsicologia è l'unica scienza ad affidarsi agli scostamenti significativi dal caso per stabilire la presenza dei suoi pretesi fenomeni. Nelle altre scienze i fenomeni definiti possono essere osservati in modo attendibile e non richiedono dirette misure statistiche per giustificare la loro esistenza. Piuttosto, ogni branca della scienza inizia con fenomeni che possono essere osservati direttamente... Solo la parapsicologia pretende di essere una scienza sulla base di fenomeni (o di un fenomeno) la cui presenza può essere rivelata soltanto rifiutando una ipotesi nulla... Studi empirici hanno dimostrato che i modelli statistici si adattano al mondo reale soltanto approssimativamente" (Hyman, 1995). 
Se questo appare così chiaro, perché allora l'enfasi posta dalla parapsicologia accademica sulla meta-analisi? Ingenuità? Mancanza di adeguate competenze? Certamente no. Si ha l'impressione di trovarsi di fronte a un problema sottilmente teoretico. Infatti, la teoria dominante - praticamente da sempre - nella parapsicologia sperimentale è stata quella del "segnale debole". Ciò che chiamiamo psi sarebbe insomma una forma di comunicazione (o di azione) di livello estremamente basso, in qualche modo dispersa fra fenomeni percettivi o motori "forti". Ciò ha condotto all'utilizzazione sempre più routinaria di metodi teoricamente in grado di aumentare il segnale psi (per esempio, il ganzfeld) e alla ricerca di metodi statistici sempre più potenti. Le procedure statistiche meta-analitiche si sono rivelate un insieme di tecniche capaci di sintetizzare e spiegare validamente risultati di difficile replica e contraddittori; la loro utilizzazione avrebbe quindi dovuto permettere di "ricevere" e amplificare al meglio questo segnale paranormale, invisibile nei singoli studi. I risultati sia dei metodi sperimentali, sia dei metodi statistici sono stati deludenti.  

Sono allora evidenti due fatti: (1) la teoria del "segnale debole" meriterebbe più attente riflessioni e (2) l'evidenza empirica non può in alcun modo essere sostituita da un indice di significatività statistica (pretesa che comunque nel caso del ganzfeld è stata duramente ridimensionata dallo studio di Milton e Wiseman del 1999).  

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Qualche commento 

 
Pensiamo indispensabile, dopo questa disamina, evidenziare brevemente un fatto di grande rilevanza politica: intendiamo di politica della scienza. In questo scritto abbiamo discusso una serie di fatti, statistici e metodologici, che sembrano porre in discussione l'approccio sperimentale e quantitativo ai fenomeni parapsicologici. Nel ribadire però queste critiche, assolutamente legittime, dobbiamo al contempo sottolineare l'importanza fondamentale dell'approccio statistico, sperimentale e quindi quantitativo, nello studio di questa classe di fenomeni. Non vorremmo, cioè, portare acqua al mulino di quegli studiosi, o sedicenti tali, che da anni imperversano in questo campo di ricerca con intendimenti "riformistici", che da sempre criticano i metodi quantitativi e sperimentali, e che addirittura suggeriscono modi "alternativi" di studiare i fenomeni detti psi, spesso utilizzando criteri puramente qualitativi o, ancor peggio, che pretenderebbero, spesso in maniera approssimativa, di combinare modelli di ricerca qualitativa e quantitativa senza una sufficiente base epistemologica o metodologica. Questi modi alternativi si sino rivelati molto più insufficienti, poveri e approssimativi dei metodi standardizzati e non ci pare che possano sinora sostanziare pretese di visibilità scientifica. Non esiste alcun dato che dimostri (abbiamo scritto: dimostri) inconfutabilmente e al di là di ogni ragionevole dubbio che si tratti di metodi efficaci, utili, produttivi. Trend di questo tipo, diffusi un po' ubiquitariamente, non sembrano mostrare alcun livello di attendibile praticabilità scientifica.  
La grande lezione del ganzfeld e della meta-analisi è in realtà proprio questa, e cioè che è estremamente difficile combinare lo studio dei fenomeni psi in condizioni di laboratorio, ma pur sempre molto vicine al contesto naturalistico nel quale presumibilmente i fenomeni si manifestano spontaneamente, a un serio tentativo di valutazione quantitativa. Durissima lezione, certo e lezione recente. È infatti solo a partire dalla seconda metà degli anni "90 che ganzfeld e meta - analisi hanno cominciato a mostrare i loro limiti, reciproci e combinati. Prima di allora nessuno (ed è un dato storico indubitabile) poteva nutrire accettabili dubbi sul fatto che entrambe le tecniche (sperimentale e statistica) si ponessero come vere pietre miliari nella storia della parapsicologia sperimentale. Così non era, ma questo non deve indurre né alla frustrazione, né alla demotivazione. È normale che nella storia della scienza (quella vera) si vada incontro a critiche devastanti: queste servono sempre al progresso in una data disciplina. D'altra parte occorre non dimenticare che una prassi metodologica è sempre il prodotto di un framework epistemologico di riferimento, e pertanto ne subisce le influenze, ne utilizza le spinte propulsive, ma anche ne ripete gli errori, le imprecisioni, le inadeguatezza. Bisogna allora familiarizzarsi con l'idea che il ridimensionamento del ganzfeld e della meta-analisi è semplicemente il prodotto della mancanza di una vera teoria forte dei fenomeni cosiddetti parapsicologici. Esistono miriadi di teorie, nessuna delle quali presenta ancora basi scientifiche sufficienti per potersi confrontare adeguatamente con una giuria empirica sperimentale, e quindi necessariamente statistica, così come in tutte le scienze del comportament 
o. Prescindere dal livello quantitativo, comunque, è assolutamente impossibile. Significa porsi fuori dei dominion della scienza. Certo, esiste anche la tendenza a considerare la parapsicologia una scienza a sé, i fenomeni paranormali dei fenomeni a sé, e sia la prima, sia i secondi seguirebbero leggi che sono proprie solo a un contesto, quello specifico contesto che chiamiamo psi. Può anche darsi che sia così. Ma se così fosse, la cosa non ci interesserebbe affatto.  
Le critiche all'approccio quantitativo e sperimentale sembrano nascere proprio in questo ambito. Ma non sono critiche accettabili, perché il problema non è semplicemente di criticare la statistica e la prassi sperimentale, ma di farlo con competenza e rigore, e alla ricerca di nuovi modelli di indagine. Si legge e si sente dire spesso che la ricerca quantitativa sui fenomeni psi è un fallimento e che, soprattutto, i fenomeni psi sono fenomeni che sfuggirebbero a un'analisi quantitativa pura per la loro stessa natura. Queste osservazioni sono talmente banali da non meritare di figurare in un qualsivoglia dibattito scientifico. È anzi nostro parere che proprio a causa di questi commenti la ricerca sui fenomeni psi segni il passo e sia ragionevolmente vista con enorme diffidenza dalle altre scienze. Secondo noi, il problema è del tutto diverso. La ricerca quantitativa e di nuovi modelli sperimentali deve continuare. È senz'altro vero che sinora - e l'esempio del ganzfeld è emblematico - i metodi usati non si sono rivelati sempre adeguati alla valutazione scientifica di prove, fatti ed eventi, ma è altrettanto vero che nessun'area di ricerca può prescindere da un continuo confronto con le scienze della misurazione sperimentale. Dobbiamo probabilmente cercare modelli che consentano allo stesso tempo osservazioni sul campo, secondo modelli da stabilire volta per volta, e valutazioni quantitative, le più precise e attendibili possibili. Non abbiamo bisogno di pseudo-teorie o di pseudo-metodologie. La nostra necessità primaria è quella di migliorare quanto è stato fatto sinora, e di cercare modelli di ricerca e criteri di valutazione che tengano conto pragmaticamente (e non ideologicamente) di quanto sappiamo, di quanto possiamo sapere e dei da 

ti disponibili e quantitativamente valutabili della ricerca empirica.  

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Conclusioni 

 
Può sembrare misterioso - e forse lo è, nel contesto della storia della scienza - che in parapsicologia ci si continui a porre, da sempre, la stessa domanda: esiste una prova dell'esistenza della psi? Cambiano i metodi, i modelli sperimentali e i sistemi di valutazione (sempre più complessi, sempre più potenti), ma la risposta continua a mancare. Dagli esordi della parapsicologia sperimentale, è stata una serie continua di delusioni, dalle ricerche dei pionieri della SPR, a quelle di Rhine, attraverso Richet, le prime utilizzazioni della statistica, l'introduzione di metodi sempre più potenti di randomizzazione, RNG, informatica, an-psi, via via sino al ganzfeld. È ovvio che non di tratta di un fatto casuale. C'è qualcosa (ma esattamente cosa?) che nella parapsicologia sperimentale non funziona. È un problema che non può essere semplicisticamente risolto dall'affermazione che i fenomeni psi non esistono, così come non lo può essere da comode teorie come quella del segnale debole, in realtà forse la teoria più forte sinora elaborata nella storia della parapsicologia. Forse sarebbe ora di fermarsi un attimo a riflettere e a cambiare la domanda di fondo, di cominciare cioè a chiedersi criticamente cosa ci sia obiettivamente di sbagliato nei modelli sperimentali della parapsicologia. E ciò del tutto indipendentemente dalle nostre convinzioni sull'esistenza o meno dei fenomeni paranormali.  
 
 
[Nota 1] Il lavoro fu pubblicato nel 1984 (Iannuzzo G.: Esperimenti ganzfeld. Atti della Prima "Giornata Parapsicologica Bolognese". Quaderni di Parapsicologia, XV, numero unico, 1984), ma la relazione era stata presentata il 21 maggio 1983 e gli esperimenti, come esplicitato nel testo, furono condotti dal 1979 al 1981. ---- Ritorno ---- 

[Nota 2] Nel testo originale, per un refuso, si parla di "contenuti ideali". ---- Ritorno ---- 

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