La storia di Franz Anton Mesmer

di Stefan Zweig 

Parte seconda 

    
CAPITOLO VIII - MESMEROMANIA 
CAPITOLO IX - INTERVIENE L'ACCADEMIA 
CAPITOLO X - IN LOTTA CON LE ACCADEMIE 
CAPITOLO XI - MESMERISMO SENZA MESMER 
CAPITOLO XII - RITORNO ALL'OBLIO 
CAPITOLO XIII - LA SUCCESSIONE 
 
 
I titoli della parte prima 
 
 
 
CAPITOLO I - IL PRECURSORE E IL SUO TEMPO 
CAPITOLO II - RITRATTO 
CAPITOLO III - LA PRIMA SCINTILLA 
CAPITOLO IV - I PRIMI TENTATIVI 
CAPITOLO V - PRESAGI ED ESPERIMENTI 
CAPITOLO VI - IL ROMANZO DELLA SIGNORINA PARADIES 
CAPITOLO VII - PARIGI 
 
 
 
  
 

CAPITOLO VIII 

MESMEROMANIA 
 
Mesmer, che ha promesso di calmare tutti gli stati di eccitazione con il suo metodo magnetico, per ora porta a Parigi una nuova eccitazione morbosa: la mesmeromania. Da decenni nulla ha trasmesso al Faubourg Saint-Germain, la buona società che si annoia nel suo lusso, un tale stato di passione, anzi di vero parossismo entusiasta, come questa nuova terapia. Mesmer e il magnetismo diventano in pochi mesi di gran moda, le dernier cri. Davanti alla sua casa lussuosa sulla Place Vendome aspettano da mattina a sera le berline e i cabriolets dei nobili; aspettano i lacché con le più antiche livree delle prime famiglie di Francia, accanto alle portantine stemmate; e poiché i gabinetti di cura, dove disposizione dei malati ben paganti stanno soltanto tre tinozze magnetiche si sono rivelati insufficienti all'inatteso affollamento, diventa necessario prenotare con giorni di anticipo un posto ai baquets miracolosi, così come oggi si prenotano i palchi per una prima all'Opera. Siccome è di moda anche la filantropia, Mesmer mette a disposizione alcuni baquets - per la verità un po' più piccoli - anche per i meno agiati, giacché ognuno, ricco o povero, deve poter partecipare alla nuova medicina dell'armonia. Egli esclude dalla cura soltanto i malati con ferite aperte, gli epilettici, i pazzi e i mutilati, riconoscendo così lealmente di poter ottenere agendo sui nervi solo un miglioramento delle condizioni generali, non di poter trasformare per miracolo la struttura dell'organismo. 
In questi locali magnetici, e ben presto anche nella sua abitazione, all'Hotel Bouillon nella rue Montmartre, che Mesmer ha trasformato in clinica, si affollano per cinque anni pazienti di tutte le classi, malati veri e immaginari, curiosi e snob di tutte le specie. Non c'è parigino curioso - e quale parigino della buona società non lo sarebbe? - che non voglia fare una volta la prova su di sé del fluido miracoloso, se non altro per poter poi descrivere nei saloni mondani sensazioni eccitanti, con quella stessa superficialità con cui oggi al tè delle cinque si può discutere di teoria della relatività o di psicoanalisi. Mesmer è di moda e la sua dottrina, da lui concepita con serietà, non è accolta da quel mondo elegante come una scienza, ma come uno spettacolo di teatro. 
Mesmer stesso non ha mai negato, anzi ha ammesso che vi fosse un elemento intenzionalmente teatrale nella messa in scena delle sue cure. Mes procédés, s'ils n'étaient pas raisonnés, paraitraient comme des grimaces aussi absurdes que ridicules, auxquelles il serait en effet impossible d'ajouter foi. Da buon conoscitore d'anime sa che ogni guarigione per mezzo della fede ha bisogno, perché ne sia rafforzata l'efficacia, di un cerimoniale magico-religioso; con questa persuasione psicologica circonda la propria persona di un'aura misteriosa, aumentando la propria autorità con il segreto. L'ambiente turba ed eccita il malato con il suo aspetto singolare. Le finestre sono velate da tende che lasciano tutto in penombra; pesanti tappeti e cortine attutiscono i suoni, gli specchi riflettono dalle pareti la mezza luce dorata, stelle disposte in simboliche costellazioni eccitano la curiosità senza soddisfarla. L'indeterminato intensifica sempre l'attesa, il segreto la tensione, il silenzio, l'energia mistica; perciò nella magica dimora di Mesmer tutti i sensi, l'occhio, l'orecchio, il tatto vengono continuamente occupati ed eccitati nella maniera più raffinata possibile. Al centro dell'alto salone sta, ampio quanto un pozzo, il famoso mastello della salute. In silenzio, come in un tempio, i malati si raccolgono e trattengono il respiro intorno al magnetico altare: nessuno deve muoversi, non una parola deve essere pronunciata per non turbare le vibrazioni dell'etere. Di tempo in tempo, obbedendo a un segnale prestabilito, i pazienti allineati attorno al baquet formano la celebre "catena magnetica" che più tardi sarà adottata dallo spiritismo. Ognuno deve sfiorare la punta delle dita del vicino, affinché  
la supposta corrente, rafforzata passando da corpo a corpo, compenetri tutta la schiera fervente. Nel silenzio profondo, mai interrotto da una parola e solo raramente da un lieve sospiro, echeggiano dalla camera vicina gli accordi di un piano invisibile, o di un coro sommesso. Talvolta è Mesmer che suona la sua armonica viennese per attutire l'eccitazione con ritmi dolci, oppure per renderli intensi ed efficaci. Così per un'ora intera l'organismo viene caricato di forza magnetica, o come diremmo noi moderni la tensione suggestiva è preparata attraverso gli eccitanti nervosi della monotonia e dell'attesa. Alla fine si presenta Mesmer stesso. 
Entra serio, tranquillo, lento, con un atteggiamento maestoso, irradiando calma in mezzo all'inquietudine generale, e appena si avvicina ai malati un lieve tremito, come il primo alito di vento, passa attraverso la catena umana. Indossa una lunga zimarra di seta violetta, che ricorda Zoroastro o un mago indiano, e si avanza austero, compreso e concentrato in se stesso, e come un domatore di leoni che tiene in mano una frusta minuscola e domina con la sola forza della volontà il balzo belluino, tocca con la sua sottile bacchetta metallica un malato dopo l'altro. Accanto a uno si sofferma, interrogandolo piano sulle sue sofferenze; poi gli passa la verga magnetica in una determinata direzione su una parte del corpo, dall'alto in basso, quindi in senso contrario, obbligando il malato a non distogliere dal suo il proprio sguardo. Con altri tralascia qualsiasi contatto diretto della bacchetta e fa attorno a loro dei circoli, come tracciando in aria segni invisibili, indirizzandosi alla fronte o al centro del male, concentrando senza posa con le pupille sbarrate la propria attenzione sul soggetto e imponendogli di fissarlo a sua volta. Mentre dura questo procedimento, gli altri trattengono il respiro, pieni di tremore e venerazione, e per un certo tempo nella sala non si ode che il suo passo lento e qua e là un respiro o un sospiro soffocato. Di solito non passa molto che uno dei soggetti, appena sfiorato, è invaso da un tremito convulso e comincia a sudare, a gridare, a gemere, a sospirare. Non appena in uno di questi malati si verifica una manifestazione visibile della forza suggestiva, gli altri, a lui uniti in catena, credono di avvertire in loro l'inizio della celebre "crisi". Nella sch 
iera ininterrotta passano i sussulti come una corrente elettrica. Si determina una psicosi collettiva: un secondo, poi un terzo paziente è colto dai crampi e a un tratto la ridda infernale si scatena. Taluni si torcono a terra con gli occhi fuori delle orbite; altri lanciano folli e aspre risate; altri gridano, singhiozzano, gemono; molti ballano, squassati dal tremito nervoso al par di demoni; altri infine - tutto questo si può osservare nelle incisioni molto particolareggiate del tempo - sotto l'effetto della bacchetta o dello sguardo di Mesmer cadono in deliquio o sono immersi in un sonno ipnotico e giacciono a terra con un muto sorriso sulle labbra nell'inerte rigidità catalettica. Intanto continua la musica nella camera attigua, per rendere sempre più intensa questa tensione morbosa, giacché secondo la "teoria della crisi" mesmeriana ogni malattia di origine nervosa deve essere portata all'acme del suo sviluppo, in modo da essere poi espulsa, come sudore dal corpo risanato. Quelli che sono colpiti troppo violentemente dalla crisi, che urlano, che si dibattono, si torcono nelle convulsioni, vengono trasportati dai domestici e dagli assistenti in una cameretta attigua bene imbottita e insonorizzata, la salle des crises, dove si provvederà a calmarli; il che naturalmente dà lo spunto a un'infinità di opuscoli umoristici di affermare che le dame nervose venivano calmate in modo molto "fisiologico". Nel magico salone di Mesmer si verificano ogni giorno le scene più singolari: malati balzano su dalla tinozza, si strappano dalla catena, si dichiarano guariti; altri si gettano ginocchioni e baciano le mani del Maestro; altri lo supplicano di rafforzare la corrente, di sfiorarli ancora una volta.  
A poco a poco la fede nella magia della sua persona si trasforma nei pazienti in una specie di follia religiosa, per cui egli diventa il santo e il salvatore di infiniti credenti. Appena Mesmer è scorto in una strada, gli infermi gli corrono incontro, soltanto per toccarne le vesti. Principesse e duchesse invocano a mani giunte una sua visita. I ritardatari che non hanno ottenuto un posto al suo baquets si comprano per uso privato uno dei petits baquet per magnetizzarsi in casa propria secondo il suo metodo. E un giorno Parigi assiste alla scena grottesca e curiosa di centinaia di persone che in mezzo alla Rue Bondi si fanno legare con delle funi a un albero magnetizzato da Mesmer, aspettando la "crisi". Mai un medico ha conseguito successi così rapidi e travolgenti come Mesmer. Per cinque anni la società di Parigi non parla d'altro che delle sue cure magico-magnetiche. 
Ma nulla può risultare più pericoloso a una scienza ancora bambina che il divenire una moda. Contrariamente alle sue intenzioni, Mesmer viene a trovarsi impigliato in un equivoco pericoloso: da leale uomo di scienza voleva indicare alla ricerca medica un nuovo procedimento terapeutico, e invece offre argomenti al frivolo ozio annoiato degli infiniti dilettanti. Si discute a favore o contro Mesmer con la stessa superficialità con cui si disputa intorno a Gluk o Piccini, Rousseau o Voltaire. Inoltre, quest'epoca ha la tendenza a trasformare in erotica ogni cosa nuova: i signori della Corte cercano nel magnetismo soprattutto una ripresa delle stanche energie virili; delle dame si racconta che nella salle des crises desiderano soltanto un naturale acquietamento dei sensi. Ogni scribacchino getta nella disputa un opuscolo estatico o satirico; gli aneddoti e i pamphlets portano droga letteraria nella contesa scientifica, e finalmente anche il teatro si impadronisce della mesmeromania. Il 16 novembre 1783 la Compagnia Reale degli Italiani recita una farsa intitolata Les docteurs modernes, in cui Radet, un poetucolo di terz'ordine, mette in ridicolo il magnetismo. Mal gliene incoglie, giacché i fanatici di Mesmer non permettono di ironizzare sul loro salvatore neppure in teatro. I signori d'alto lignaggio - troppo alto per disturbare le proprie labbra - mandano a teatro i lacchè a fischiare la farsa. In piena rappresentazione un Regio Consigliere di Stato lancia dal palco un libello da lui composto in difesa del magnetismo, e quando l'imprudente autore Radet, l'indomani, vuol presentarsi nel salone della duchessa di Villerois, questa lo fa mettere alla porta dai suoi servitori, facendogli dire 
che non riceverà un individuo che ha osato "come Aristofane, schernire il nuovo Socrate". Di giorno in giorno la pazzia cresce e quanti più profani si appassionano al nuovo gioco di società, tanto più grotteschi e assurdi diventano gli eccessi: alla presenza del Principe di Prussia e di tutti i magistrati in alta tenuta, a Charenton viene magnetizzato un vecchio cavallo. Nei castelli e nei parchi sorgono i boschetti e le grotte magnetiche, nelle città si istituiscono circoli e logge segrete, accadono scontri, persino duelli fra i mesmeriani e gli antimesmeriani: insomma la forza scoperta da un medico trabocca dalla sua legittima sfera, la medicina, e inonda la Francia intera di un fluido pericolosamente epidemico, fatto di snobismo e di interismo: la mesmeromania. 
  
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CAPITOLO IX 

INTERVIENE L'ACCADEMIA 
 
Di fronte a un'epidemia così folle e violenta non è lecito ignorare più a lungo Mesmer. La possibilità o impossibilità del magnetismo animale non è più il pettegolezzo di una città, ma un problema di Stato; la disputa accanita deve trovare, finalmente, la sua soluzione davanti al foro dell'Accademia. La Parigi intellettuale e l'aristocrazia hanno quasi all'unanimità preso partito per Mesmer; a Corte, la Regina Maria Antonietta, sotto l'influenza della Principessa di Lamballe, è dalla sua parte e tutte le Dame di Palazzo idolatrano il "divino alemanno". 
Uno soltanto, nel palazzo dei Borboni, considera con diffidenza incrollabile quella faccenda magica: il Re. Lontano da ogni affezione nevrastenica, con i nervi imbottiti e sepolti nella flemma e nel lardo, mangiatore degno di Rabelais, di ottima digestione, Luigi XVI non riesce neppure a incuriosirsi per una terapia dell'anima. E quando Lafayette si congeda da lui prima di partire per l'America, il gioviale monarca gli rivolge qualche battuta osservando: "Che dirà mai Washington di un generale che si è prestato a fare l'aiutante di farmacia di un signor Mesmer"? Il buono e grasso Sovrano non ama l'inquietudine e l'eccitazione; per istinto presago rifugge da ogni rivoluzione e da ogni rinnovamento anche nel campo scientifico. Mente oggettiva e pedante, desidera che si porti infine un po' di luce in questa interminabile disputa intorno al magnetismo, e nel marzo del 1784 firma un ordine per la Società dei Medici e per l'Accademia, invitandole a compiere un'inchiesta ufficiale sul magnetismo e sulle sue conseguenze utili e dannose. Di rado la Francia ha veduto una Commissione più imponente di quella prescelta dalle due Società scientifiche in quest'occasione: quasi tutti i nomi serbano ancor oggi la loro celebrità mondiale. Fra i quattro medici troviamo un certo dottor Guillotin, che sette anni più tardi inventerà una bella macchina capace di porre fine a tutte le malattie terrene: la ghigliottina. Fra gli altri nomi splendono quello di Benjamin Franklin, l'inventore del parafulmine, quello di Bailly, l'astronomo più tardi sindaco di Parigi, quelli di Lavoisier rinnovatore della clinica e di Jussieur, famoso botanico. Con tutta la loro dottrina questi spiriti lungimiranti non possono presag 
ire che due di essi, l'astronomo Bailly e il chimico Lavoiser, non molto più tardi dovranno infilare la testa nella macchina del collega Guillotin, con cui ora, in buona amicizia, vanno discutendo di mesmerismo. 
La fretta, che contrasterebbe con la dignità di un'Accademia, viene sostituita dal metodo e dalla pedanteria. In tal modo passano parecchi mesi prima che la dotta congrega stili il suo voto definitivo. Il documento riconosce in primo luogo, con onestà, l'innegabile efficacia delle cure magnetiche: "Alcuni sono tranquilli, concentrati ed estatici; altri tossiscono, sputano, avvertono un lieve dolore, un calore distribuito per tutto il corpo, accompagnato da sudore diffuso; altri sono scossi da convulsioni. Le convulsioni sono straordinarie per numero, durata e intensità. Non appena cominciano in uno dei soggetti, si manifestano anche negli altri. La Commissione ne ha viste talune della durata di ben tre ore, accompagnate dalla deiezione di un liquido torbido e mucoso, effetto dei violenti sforzi compiuti. Vi si ritrovano anche tracce di sangue. Queste convulsioni sono caratteristiche per i moti rapidi e involontari di tutte le membra e del corpo, per i crampi della gola, i sussulti dell'ipocondri e dell'epigastri, per il turbamento e irrigidimento dello sguardo, le grida acute, i singhiozzi, gli accessi di pianto e di risa selvagge; a ciò seguono lunghi periodi di stanchezza o di inerzia, di abbattimento e di esaurimento. Il minimo rumore improvviso produce un sussulto di spavento e si osserva che il mutamento di tono e di ritmo nelle melodie suonate sul pianoforte influisce sui pazienti, in quanto un tempo più rapido aumenta l'eccitamento e l'impeto delle crisi nervose. Non c'è spettacolo più singolare di queste convulsioni; chi non le ha vedute non può farsene un'idea. Si è comunque stupiti vedendo la calma di molti pazienti e l'eccitamento di altri, seguendo i vari incidenti che si ripeto 
no di continuo e i fenomeni di simpatia che si determinano fra i malati; alcuni si sorridono reciprocamente, si parlano con tenerezza, e ciò attutisce i crampi. Tutti sono soggetti a colui che li magnetizza. Quand'anche siano apparentemente in stato di esaurimento, basta il suo sguardo e la sua voce a richiamarli immediatamente". 
Che dunque Mesmer eserciti sui suoi pazienti un influenza di carattere più o meno suggestivo, è ora documentato ufficialmente. I professori stabiliscono che qualcosa si verifica, che si produce un elemento inspiegabile e sconosciuto, malgrado tutta la loro dottrina. "Non si può negare a questi effetti costanti una certa forza, che agisce sugli individui, li domina, e il cui centro rimane il magnetizzatore". Con quest'ultima formula la Commissione ha già avvicinato molto il dito al punto delicato della piaga: essa si accorge che i fenomeni sorprendenti hanno origine dall'uomo che magnetizza, dall'efficacia specifica della sua personalità. Facendo ancora un passo sulla via di questo inesplicabile rapport tra magnetizzatore e soggetto, avrà superato un secolo, portando il problema nella prospettiva dell'analisi moderna. Ma la Commissione non fa questo passo. Il suo compito è stabilire, obbedendo a un rescritto regale, se esiste o meno un fluido magnetico-animale, cioè un nuovo elemento fisico. Con esattezza scolastica pertanto comincia ponendo due problemi: se in primo luogo il magnetismo animale sia dimostrabile; se in secondo luogo esso torni di utilità quale mezzo terapeutico, giacché, procede l'argomentazione more geometrico, "il magnetismo animale può bensì esistere e non essere utile, ma in nessun caso può essere utile se non esiste". 
Non dunque del misterioso contatto tra medico e paziente, tra magnetizzatore e magnetizzato - non cioè del vero e specifico problema - si occupa la grande Commissione, bensì esclusivamente della presenza sensibile del fluido misterioso e della sua dimostrabilità. Si può vedere? No. Si può odorare? No. Si può pesare, tastare, gustare, osservare al microscopio? No. La Commissione comincia dunque con lo stabilire questa non percettibilità del magnetismo da parte dei sensi. S'il existe en nous et autor de nous, c'est donc d'une manière absolument insensible. Dopo questa non difficile constatazione, la Commissione passa a studiare se sia per lo meno dimostrabile un effetto di quella sostanza invisibile. A tal fine gli sperimentatori cominciano a lasciarsi magnetizzare. Ma notoriamente il trattamento suggestivo agisce poco o nulla sugli scettici e sui perfettamente sani. "Nessuno di noi ha avvertito alcunché, o almeno nulla che potesse essere spiegato come reazione al magnetismo; soltanto uno nel pomeriggio ha sentito un eccitamento nervoso, senza giungere però mai a una crisi". Ora, resi diffidenti da questa esperienza personale, studiano con accresciuta prevenzione gli innegabili dati di fatto sui pazienti. Preparano una serie di trappole ai malati: per esempio porgono a una donna parecchie tazze di cui soltanto una è magnetizzata, ed essa si confonde scegliendone un'altra. Con ciò parrebbe loro di avere dimostrato che l'efficacia è un inganno, una imagination. Ma d'altra parte gli accademici devono ammettere che nello stesso soggetto si verifica una crisi non appena il magnetizzatore in persona le porge la tazza. La soluzione parrebbe di nuovo evidente, già a portata di mano: dovrebbero stabilir 
e logicamente che quei fenomeni sorgono per uno speciale contatto fra magnetizzatore e soggetto, non per cause mistiche. Ma, al pari di Mesmer, anche i Commissari lasciano da parte il problema, già così prossimo e impellente, dell'efficacia personale trasmissibile per suggestione o per fluido, e giungono invece alla solenne conclusione della nullité du magnetisme. Dove nulla si vede, si sente, si ode, nulla esiste, essi dichiarano, e quegli effetti non derivano che dalla imagination, dalla semplice fantasia, il che è soltanto una cattiva definizione formale del concetto, non compreso, di suggestione. Con questa solenne dichiarazione di inesistenza viene ad annullarsi anche il secondo interrogativo, circa l'eventuale utilità di un trattamento magnetico, che oggi diremmo psichico. Giacché un effetto del quale un'Accademia non riesce a stabilire la causa, non potrà in alcun caso essere dichiarato apertamente utile o benefico. Affermano per altro i periti (che questa volta mostrano la loro perfetta imperizia) che i metodi di Franz Anton Mesmer rappresentano un pericolo, giacché le crisi e le convulsioni provocate artificiosamente potrebbero divenire croniche. E chiudono il loro verdetto con un lungo e solenne periodare: "I Commissari, avendo riconosciuto che il fluido del magnetismo animale non può essere percepito da alcuno dei nostri sensi, giacché non ha esercitato alcun effetto né su loro stessi, né sui soggetti da loro presentati al trattamento; avendo inoltre stabilito che gli sfioramenti e i massaggi solo di rado hanno determinato mutamenti favorevoli nel fisico, ma sempre scosse pericolose della fantasia; avendo essi d'altra parte dimostrato che anche la fantasia senza magnetismo è in grado 
di provocare crampi, mentre il magnetismo nulla determina senza fantasia; hanno deciso all'unanimità che nulla dimostra un fluido magnetico e che pertanto questo fluido non constatabile è senza utilità, che i violenti effetti stabiliti nella cura pubblica sono in parte da attribuirsi al contatto, alla fantasia eccitata e alla fantasia autonoma, la quale ci costringe contro la nostra volontà a ripetere certi fenomeni che hanno colpito i nostri sensi. In pari tempo la Commissione si sente tenuta ad aggiungere che questi sfioramenti, queste crisi artificiosamente provocate possono essere dannose e che la vista delle crisi medesime costituisce un pericolo per la tendenza all'imitazione che la natura ci ha imposto, tanto che il trattamento terapeutico in pubblico non può che avere, con l'andar del tempo, conseguenze pericolose". 
A questo rapporto pubblico dell'11 agosto 1784 la Commissione ne allega per il Sovrano un altro segreto, manoscritto, il quale con parole cupe richiama l'attenzione sui pericoli morali di tali eccitamenti nervosi nonché della promiscuità dei sessi. Con questo voto accademico e con la relazione non meno negativa e aspra del Consiglio Medico, il metodo psichico, la terapia attraverso l'influenza della personalità, è un problema definitivamente chiuso per tutto il mondo dei dotti. Non vale che pochi mesi più tardi vengano scoperti i fenomeni del sonnambulismo, dell'ipnosi, e che tali fenomeni vengano in modo chiarissimo e inequivocabile comprovati da molti esperimenti che suscitano la sorpresa e l'interesse di tutto il mondo intellettuale. Per l'Accademia di Parigi, da quando ha formulato il suo parere nel XVIII secolo, fin quasi al XX secolo, non sono più esistiti fenomeni suggestivi o supersensibili. Allorché nel 1830 un medico francese tenta di rinnovare la dimostrazione, essa rifiuta. Rifiuta ancora nel 1840 quando Braid con la sua neuripnologia ha già da tempo fatto dell'ipnosi uno strumento scientifico accettato. In ogni villaggio, in ogni città della Francia, d'Europa, d'America, dal 1820 in poi circolano magnetizzatori profani, che nei teatri affollati presentano al pubblico i fenomeni più stupefacenti, tanto che non c'è più persona di media o bassa cultura che osi ancora negarli. Ma l'Accademia di Parigi, quella stessa che ha respinto il parafulmine di Franklin e la vaccinazione di Jenner, che ha proclamato utopia il battello a vapore di Fulton, insiste nella sua assurda presunzione, distoglie lo sguardo e afferma di non vedere e di non aver veduto mai nulla. 
Passano così ben cento anni prima che il dotto francese Charcot nel 1882 riesca ad ottenere che il venerabile Consesso si degni di prendere atto ufficialmente dell'ipnosi.  
  
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CAPITOLO X 

IN LOTTA CON LE ACCADEMIE 
 
Ancora una volta - e non sarà l'ultima - la terapia psichica è stata stroncata dal tribunale accademico. Appena la Società Medica pubblica il suo giudizio negativo, nel campo degli avversari di Mesmer si levano grida di giubilo, come se fosse annullata per l'eternità ogni forma di guarigione per la via dell'anima. Nelle librerie si vendono divertenti stampe satiriche che rappresentano in modo chiaro anche agli analfabeti la "vittoria della scienza": si vede la Commissione accademica circondata da un'aureola accecante svolgere il rotolo con il decreto annientatore, mentre di fronte a loro si danno alla fuga, cavalcando su scope come stregoni, Mesmer e i suoi discepoli, tutti adorni di teste e di code asinine. Un'altra incisione mostra la scienza che scaglia dardi contro i ciarlatani, i quali, inceppando nei pezzi di un baquet infranto, precipitano nell'Inferno. Su una terza, infine, intitolata Nos facultés sont en rapport, si scorge Mesmer che magnetizza un asino dalle lunghe orecchie. Compaiono dozzine di libelli satirici e per strada si canta la nuova canzone: 
 
Le magnétisme est aux abois, 
La faculté, l'Académie 
L'ont condamné tout d'une voix 
Et meme couvert d'infamie. 
Après ce jugement, bien sage et bien légal, 
Si quelque esprit original 
Persiste encor dans son délire, 
Il sera permis de lui dire: 
Crois au magnétisme… animal! 
 
Per qualche giorno sembra davvero che il colpo violento della mazza accademica, come il primo di Vienna, abbia definitivamente annientato Mesmer. Ma siamo nel 1784. La bufera rivoluzionaria non è ancora scoppiata, ma lo spirito di ribellione e di inquietudine è già diffuso pericolosamente nell'atmosfera. Un decreto, richiesto dal Cristianissimo Sovrano, emanato con tutta solennità dalla Reale Accademia: ai tempi del Re Sole nessuno avrebbe potuto resistere a così schiacciante scomunica. Ora invece, regnante il debole Luigi XVI, un sigillo reale non mette più al riparo dallo scherno e dalla discussione; lo spirito rivoluzionario è penetrato da un pezzo nella migliore società, che si compiace di fare opposizione appassionata alle opinioni sovrane. 
Ed ecco che uno sciame accanito di scritti apologetici si diffonde su Parigi e la Francia per giustificare il mago Mesmer. Avvocati, medici, commercianti, membri dell'alta aristocrazia pubblicano, mettendoci apertamente il proprio nome, rapporti pieni di gratitudine sulle guarigioni ottenute e nella congerie di chiacchiere profane e vacue si può scoprire anche qualche parola chiara e audace. Per esempio J.B. Bonnefoy, del Collegio Chirurgico Lionese, chiede con tutta energia ai signori accademici se mai abbiano da offrire un metodo curativo migliore. "Come ci si deve comportare di fronte alle malattie nervose, infermità ancora del tutto sconosciute? Si prescrivono bagni caldi e freddi, mezzi eccitanti, rinfrescanti, convulsivi o calmanti, e nessuno di questi poveri paliativi ha finora avuto la singolare efficacia del metodo psico-terapeutico mesmeriano". Nei Doutes d'un provincial un anonimo accusa l'Accademia di non essersi accostata al vero problema per orgogliosa angustia di mente. "Non basta, signori miei, che il vostro spirito si elevi sopra i pregiudizi del secolo. Sarebbe anche necessario dimenticare gli interessi della propria classe in nome della salute pubblica". Un avvocato scrive, profeticamente: "Il signor Mesmer ha edificato sulla base delle sue scoperte un grande sistema. Questo sistema forse non vale più di quelli che lo hanno preceduto. Ma se, indipendentemente da tale sistema, egli avesse messo in chiaro anche soltanto poche idee sparse, se una qualunque grande verità dovesse a lui l'esistenza, allora avrebbe diritto al rispetto degli uomini. In tal senso sarà giudicato da un'epoca futura, senza che nessuna commissione o governo di questo mondo gli possano togliere i suoi meriti". 
Ma le Accademie e le Società Scientifiche non discutono, decidono. E appena hanno preso una decisione, non si degnano più, nel loro orgoglio, di tener conto di alcuna riserva. Tuttavia in questo caso all'Accademia tocca qualche cosa di penoso e inatteso: un componente della Commissione si alza ad accusare, e non è certo una figura minore, bensì il celebre botanico Jussieu. Per ordine del Re ha assistito agli esperimenti, anzi li ha portati a termine più coscienziosamente degli altri e per questo, nel voto decisivo, si è rifiutato di porre la sua firma sotto la solenne scomunica. All'occhio acuto del botanico, abituato a considerare con reverente pazienza anche i filamenti o il polline più impercettibile, non è sfuggito il punto debole dell'inchiesta, il fatto cioè che la Commissione abbia combattuto soltanto contro le inconsistenze della teoria, colpendo perciò a vuoto, invece di ricercare le possibili cause degli effetti constatabili nella terapia mesmeriana. Senza aderire alle fantasie di Mesmer, alla sua smania di magnetizzare alberi, specchi, acqua o animali, Jussieu stabilisce semplicemente come elemento nuovo, singolare, stupefacente, che in questa cura esiste una forza che agisce sui malati. Benché non possa più degli altri stabilire la palpabilità o la visibilità del fluido, lascia aperta l'ipotesi di un elemento agente "che sia trasferibile da un individuo all'altro ed eserciti spesso su quest'ultimo una sua efficacia visibile". Di quale natura sia questo fluido, se magnetico, psichico o elettrico, su ciò il leale empirico non azzarda alcuna ipotesi presuntuosa. È possibile, dice, che si tratti della stessa force vitale; ma è indubbio che qui è un gioco una forza e che sarebbe stato dove re di dotti non prevenuti rintracciare questa energia e i suoi effetti, invece di rinnegare a priori, con il termine vago e indeterminato di imagination, un fenomeno manifestatosi per la prima volta.  
Un alleato così inatteso e così imparziale significa per Mesmer un appoggio morale di prim'ordine. Ora prende egli stesso l'offensiva, rivolge una protesta al Parlamento, perché la Commissione nei suoi esperimenti si è rivolta esclusivamente a Deslon invece che a lui, vero scopritore del metodo, e reclama una nuova inchiesta imparziale. Ma l'Accademia, felice di essersi finalmente liberata di quella scomoda faccenda, non gli risponde neppure una parola. Dal momento in cui ha dato alle stampe il rapporto, a parer suo i problemi proposti alla scienza da Mesmer sono irrevocabilmente esauriti. 
Tuttavia l'Accademia parigina ancora una volta non ha fortuna, perché, proprio nel momento in cui ha buttato fuori dalla porta della medicina l'indesiderato e non ammesso fenomeno della suggestione, ecco che questo rientra per la finestra della psicologia. Quello stesso 1784, in cui essa crede di aver giustiziato con il suo verdetto quella terapia pseudo-magica, è l'anno di nascita della psicologia moderna: il discepolo e collaboratore di Mesmer Puységur. Scopre il fenomeno del sonnambulismo provocato e mette così sotto una nuova luce i sotterranei e misteriosi rapporti fra l'anima e il corpo. 
  
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CAPITOLO XI 

MESMERISMO SENZA MESMER 
 
La vita ha sempre più fantasia di un romanzo. Nessun artista avrebbe potuto inventare un simbolo più ironico della tragica sfortuna che perseguitò Mesmer in vita e in morte, di quello per cui il ricercatore inesausto e disperato non giunse alla sua migliore scoperta: ciò che ha più tardi assunto il nome di mesmerismo non è né la dottrina di Franz Anton Mesmer né la sua invenzione. La manifestazione di energia divenuta decisiva per la conoscenza della dinamica psicologica, fu provocata da lui per primo, ma non da lui osservata. Egli la intravide soltanto. Ma siccome per un tacito accordo sempre valido una scoperta non appartiene a colui che la prepara, bensì a colui che la fissa e la formula, la gloria di aver dimostrato per la prima volta la possibilità di influire sulla psiche umana con l'ipnosi, non tocca a Mesmer, ma al suo fido discepolo, il conte Jacques-Maxime - Paul de Chastanet de Puységur. Nel fatale anno 1784, mentre Mesmer è in lotta con le Accademie e le Associazioni Scientifiche per i suoi prediletti mulini a vento, per il fluido magnetico, questo studioso pubblica un Rapport des cures opérées à Bayonne par le magnétisme animal, adressé à M. l'abbé de Poulanzet, conseiller-clerc au parlament de Bordeaux, in cui, con grossa serenità, spiega, sulla base di dati di fatto innegabili, ciò che il tedesco metafisico era andato invano a cercare nel cosmo e nella sua mistica corrente universale. Gli esperimenti di Puységur spalancano una porta imprevista nel mondo psichico. Sin dai tempi più remoti, nel Medioevo come nell'antichità, la scienza aveva considerato con crescente stupore il sonnambulismo come un evento che sfugge a ogni regola. Fra centinaia di migliaia o di milioni di individui norma 
li nascono di continuo strani vagabondi notturni che, colpiti nel sonno dal raggio lunare, balzano dal letto ad occhi chiusi e senza vedere, senza toccare, salgono per scale e scalette sino al tetto, possono avventurarsi fra comignoli e strapiombi, e tornano poi a letto senza conservare, l'indomani, il minimo ricordo del pellegrinaggio notturno nel regno dell'incosciente. Di questo fenomeno indiscutibile e sorprendente mancava ogni valida spiegazione fino a Puységur. Pazzi questi individui non potevano essere definiti, giacché quando erano svegli esercitavano con tutta energia e sicurezza il loro mestiere. Ma neppure potevano venire considerati normali, poiché il loro comportamento durante la crisi di sonnambulismo contrastava con tutte le leggi dell'armonia naturale. Chi è, infatti, che guida e trattiene dal cadere una creatura che, al buio, con le palpebre chiuse, la pupilla coperta, si accorge di ogni minima irregolarità del terreno e procede con incredibile sicurezza sulle scale e i passaggi più pericolosi? Chi la trattiene; chi le illumina i sensi? Di che tipo è la sua vista interiore dietro l'occhio serrato, quale senso anormale, quale sens intérieur, quale second sight guida al pari di un angelo custode, il dormente, attraverso tutte le peripezie? Ecco quello che sin dall'antichità continuavano a chiedersi i dotti: per mille, per duemila anni la ragione e la ricerca si trovavano di fronte a uno di quei giochi magici che la natura sembra gettare di tanto in tanto entro la regolare armonia delle cose, quasi voglia richiamare l'umanità al rispetto per l'irrazionale con queste incomprensibili deviazioni. 
Ed ecco che d'un tratto, quando nessuno lo desidera o se ne compiace, un discepolo di questo indemoniato Mesmer, che non è neppure un medico ma un semplice magnetizzatore dilettante, stabilisce con esperimenti inconfutabili che il fenomeno della coscienza crepuscolare non è un lapsus isolato nel grandioso congegno della natura, ma rappresenta un fenomeno organico collettivo. Non basta; costui riesce a dimostrare - cosa ancor più importante e sgradevole - che è possibile provocare in quasi tutti gli individui, per mezzo del sonno magnetico o, come diremmo noi, ipnotico, questo stato di sonnambulismo e di sospensione della volontà e dell'azione cosciente. Puységur, un conte di grande distinzione e ricchezza, di sentimenti filantropici, come era moda al tempo, fin dagli inizi si era lasciato attirare e persuadere dalla dottrina di Mesmer. Per dilettantismo benefico, per curiosità filosofica, senza compenso, pratica nei suoi possedimenti di Buzancy cure magnetiche secondo le prescrizioni del maestro. I suoi pazienti non sono marchese isteriche e aristocratici decadenti, ma soldati di cavalleria, ragazzotti di campagna; materiale sperimentale ben più importante perché un po' grossolano, sanissimo, lontano da ogni nevrastenia. Una nuova serie di malati si rivolge al filantropico conte e questi cerca, seguendo le prescrizioni mesmeriane, di provocare nei soggetti le crisi più intense possibili. Ma d'un tratto si stupisce, anzi si spaventa.  
Un giovane pastore di nome Victor, invece di reagire agli sfregamenti magnetici con gli attesi sussulti, crampi e convulsioni, diventa improvvisamente spossato e si addormenta sotto la carezza delle sue mani. Poiché tale reazione è contraria alla regola per la quale il magnetizzatore deve provocare convulsioni e non letargo, Puységur cerca di svegliare quel bonaccione. Ma inutilmente. Gli urla in faccia, lo scuote. Il ragazzotto non si muove: dorme un sonno assolutamente diverso dal normale. E d'un tratto, quando Puységur torna a ordinargli di alzarsi, si alza davvero in piedi e fa due o tre passi ad occhi chiusi. Malgrado le palpebre siano abbassate e il sonno non l'abbia abbandonato si comporta assolutamente come una persona sveglia, in pieno possesso dei suoi sensi. È divenuto un sonnambulo in pieno giorno. Puységur, sconcertato e stupefatto, cerca di parlargli e di interrogarlo. Ma ecco che il contadino risponde a tono e chiaramente a ogni domanda, usando un linguaggio migliore del solito. Puységur, sconcertato dal singolare fenomeno, ripete l'esperimento. Ed ecco che riesce a provocare un simile stato di sonnambulismo con trattamento magnetico (o per meglio dire suggestivo) non soltanto in quel giovane pastore, ma anche così altri pazienti. Il conte, scosso ed eccitato dalla scoperta inattesa, riprende con maggior zelo i suoi esperimenti. Impartisce ordini cosiddetti "post-ipnotici", cioè comanda al soggetto immerso nel sonno di compiere determinate azioni dopo il risveglio. E vede che effettivamente, ripresa la coscienza normale, il soggetto obbedisce docilmente agli incarichi conferiti nello stato di incoscienza. Puységur non deve far altro che esporre in un opuscolo quei dati di fatto 
sorprendenti, perché sia valicato il Rubicone che conduce alla psicologia moderna e fissato per la prima volta il fenomeno dell'ipnosi.  
L'ipnosi si presenta al mondo per la prima volta non con Puységur ma come fenomeno cosciente. Paracelso aveva riferito che in un monastero della Carinzia i monaci durante una cura deviavano l'attenzione dei malati per mezzo di oggetti lucenti; e nell'antichità troviamo, sin dai tempi di Apollonio da Tiana tracce di procedimenti ipnotici. Al di là della cerchia umana, nel regno animale, è noto da tempo che lo sguardo del serpente è capace di irrigidire e trattenere le sue vittime; e il simbolo mitologico della Medusa non significa, forse, la paralisi della volontà a causa di una forza suggestiva? Ma questa paralisi coatta dell'attenzione non era mai stata usata come metodo, neppure da Mesmer, che pure se ne era valso infinite volte senza rendersene conto, col suo sfiorare e fissare i pazienti. Aveva osservato spesso con stupore che parecchi dei suoi soggetti, sotto l'influenza del suo sguardo o dei suoi massaggi, d'un tratto si sentivano come assonnati, sbadigliavano, si accasciavano, e che le loro palpebre vibravano nervosamente o si abbassavano pian piano. Persino il testimone fortuito Jussieu descrive nella sua relazione un caso del genere, un paziente che d'un tratto si alza ad occhi chiusi, magnetizza altri presenti, torna al suo posto e si siede di nuovo senza avere alcuna coscienza della propria attività, vero sonnambulo in pieno giorno. Centinaia di volte, forse, nel corso di quegli anni Mesmer ha constatato questo afflosciarsi del soggetto, questo rientrare in se stesso e divenire insensibile. Ma mirando soltanto alla crisi e cercando di provocare come forma terapeutica le convulsioni, trascurava di continuo, ostinatamente, il fenomeno della coscienza crepuscolare. Ipnotizzato da 
lla sua stessa idea del fluido universale, proprio mentre pratica l'ipnotismo, questo inventore sfortunato si perde nella teoria, e non agisce secondo la profonda intuizione che Goethe un giorno proclamerà: "Somma saggezza sarebbe intendere come ogni fatto sia già teoria. Non vale cercare oltre i fenomeni: essi stessi sono già la dottrina". Mesmer non scorse la grande idea della sua vita e così sarà il discepolo a mietere quel che l'audace precursore ha seminato. Il fenomeno decisivo del "lato notturno della natura", il fenomeno ipnotico, egli è sfuggito di mano ed è stato afferrato da Puységur. In realtà, a voler essere precisi, è altrettanto ingiusto che il mesmerismo abbia assunto il nome da Mesmer, come l'America il suo da Amerigo Vespucci. 
La portata di quest'unica osservazione, in apparenza così trascurabile, del gabinetto sperimentale mesmeriano, si rivela importantissima per l'avvenire. Da un giorno all'altro l'ambito di osservazione è venuto ad ampliarsi verso l'interno. Da quando con gli esperimenti sul povero contadinello di Buzancy si è potuto stabilire che nella sfera pensante dell'uomo, fra il sonno e la veglia, la ragione e l'istinto, la volontà e la coscrizione, il conscio e l'inconscio, c'è ancora una serie di stadi sfuggenti, oscillanti, vaganti e sospesi, si è iniziata la differenziazione di quella sfera che noi chiamiamo psiche. Quel primo piccolo esperimento stabilisce in modo inconfutabile come persino i fenomeni psichici più inusitati, quelli che sembrano staccarsi improvvisi dalla volta celeste della natura quali meteore, obbediscano a norme determinate. Il sonno, considerato sin qui esclusivamente uno stato negativo, assenza della veglia, sentito come una cavità oscura, rivela in queste fasi intermedie del dormiveglia e del sonno vigile, le infinite forze segrete che agiscono e si contrappongono nel cervello umano oltre la ragione cosciente, e rivela come, proprio con la sospensione della coscienza direttiva, la vita psichica diventi più manifesta: concetto ancora incerto, che cento anni più tardi la psicoanalisi saprà portare a fecondo sviluppo. Tutti i fenomeni dello spirito acquistano con tale riferimento all'incosciente un senso del tutto nuovo. Innumerevoli intuizioni entrano impetuose per quella porticina, dischiusa quasi più dal caso che da una mano consapevole. Insomma, come scrive Pierre Janet, "Il mesmerismo costringe per la prima volta a studiare i fenomeni della concentrazione e della deconcen 
trazione, della stanchezza, dell'attenzione, dell'ipnosi, delle crisi nervose, della simulazione; i fenomeni cioè che nell'insieme costituiscono la psicologia moderna". Per la prima volta l'umanità può logicamente comprendere chiaramente ciò che sino ad allora le era apparso soprasensibile e magico. 
Questo improvviso allargarsi degli spazi interiori, a seguito del minuscolo esperimento di Puységur, suscita subito uno smisurato entusiasmo. È difficile dare un'idea della rapidità e dell'intensità con cui il mesmerismo, conquista tutte le persone colte d'Europa. Proprio nello stesso periodo il regno dell'etere sembra conquistato dai fratelli Mongolfier, così come con Lavoisier si definisce la gerarchia chimica degli elementi. Adesso riuscì vittorioso anche questo assalto al supersensibile. Non c'è da stupirsi che quella generazione sia trascinata dalla speranza temeraria di poter finalmente risolvere l'enigma estremo: l'anima. Poeti e filosofi, eterni esploratori dei regni spirituali, sono i primi che, appena si annuncia la nuova incognita, penetrano nel continente ignoto. Un oscuro presagio dice loro che là, nel profondo, riposano infiniti tesori ancora vietati. Non più nelle selve druidiche, nelle grotte tenebrose, nell'antro delle streghe, il romanticismo cerca la rivelazione romanzesca ed eccezionale, ma in queste nuove sfere sublunari tra il sonno e la veglia, tra la volontà e la costrizione. Fra i poeti tedeschi quello che più si sente attratto dal "lato notturno della natura" è Heinrich von Kleist, la mente più forte, più profonda e acuta. Poiché, per affinità della sua anima ogni abisso lo attrae, si abbandona pienamente alla voluttà di immergersi come artista in queste profondità e di rappresentare poeticamente la vertigine che si apre tra il sonno e la veglia. D'un tratto, con l'impeto in lui tipico, egli penetra sino agli ultimi recessi della psicopatologia. Mai la coscienza crepuscolare è stata descritta più genialmente che nella Marchesa di O., mai come nella Kathchen von Heilbronn e 
nel Principe di Homburg, si trovano esposizioni del sonnambulismo così clinicamente perfette e così poeticamente raffinate. Mentre Goethe segue le nuove scoperte da lontano con composta curiosità, la nuova generazione del romanticismo vi si getta con passione. E T. A. Hoffmann, Tieck e Brentano, i filosofi Schelling, Hegel, Fichte, aderiscono senza limiti a questa concezione rivoluzionaria; Schopenhauer trova nel mesmerismo l'argomento decisivo a dimostrare il primato della volontà sulla ragione. In Francia Balzac in Louis Lambert, espone addirittura una biologia della forza volitiva modellatrice del mondo e deplora che la grandezza della scoperta mesmeriana si importante et si mal appréciée encore non sia penetrata dovunque. Oltremare Edgar Allan Poe crea, con cristallina chiarezza, la novella dell'ipnosi. È evidente: dovunque la scienza apre uno spiraglio nella nera parete dell'universo, immediatamente la fantasia dei poeti vi irrompe come un gas colorato, popolando il nuovo ambiente di eventi e di immagini. Sempre - Freud è l'esempio dei giorni nostri - dal rinnovamento della psicologia sorge una nuova letteratura psicologica. E se anche ogni parola, ogni teoria, ogni pensiero di Mesmer fosse stato mille volte sbagliato (il che è molto dubbio) comunque egli, con maggior efficacia di tutti i dotti e gli studiosi del suo tempo, ha indicato la direzione per una scienza futura e necessaria, indirizzando l'interesse delle giovani generazioni sul mistero dell'anima. 
La porta è spalancata, la luce entra a fiotti in un ambito mai prima illuminato. Ma si ripete sempre la stessa storia: quando si apre l'accesso a una idea nuova, insieme con i ricercatori si fa avanti un manipolo disordinato di curiosi superficiali, di fanatici, di imbroglioni e di pazzi. Perché l'umanità conserva l'illusione, sacra e pericolosa nello stesso tempo, di riuscire d'un colpo a superare i limiti terreni per confondersi con il mistero del mondo. Quando la prigione del suo sapere viene allargata di un pollice, la sua insaziabilità spera di possedere in quella singola verità la chiave di tutto l'universo. E così avviene anche questa volta. Appena si scopre che nel sonno provocato artificiosamente l'individuo ipnotizzato è in grado di rispondere a domande, subito si crede che i soggetti possano rispondere a ogni domanda. 
Con fretta pericolosa i veggenti nel sonno vengono dichiarati profeti e il dormiveglia è considerato una preveggenza del futuro. Si ritiene che un altro e più profondo senso, il cosiddetto senso interiore dell'uomo, venga suscitato da questa magia. "Nella veggenza magnetica quel senso istintivo che guida l'uccello oltre il mare, in un paese mai visto, che spinge l'insetto a preparare riserve profetiche per la larva non ancora nata, acquista un linguaggio comprensivo: esso accoglie e ribatte alle nostre domande" (Schubert). I fanatici del mesmerismo annunciano che "nello stato di crisi i sonnambuli possono vedere il futuro e i loro sensi sono in grado di estendersi in tutte le direzioni per ogni distanza". Essi sono capaci di fare profezie, di percepire con l'introspezione l'interno del proprio corpo e di ogni corpo estraneo, riuscendo così a formulare una diagnosi infallibile di tutte le malattie. Nella trance possono, senza saperlo, parlare latino, ebraico, greco o aramaico, nominare nomi mai uditi, risolvere come un gioco i calcoli più complicati; se sono gettati nell'acqua si dice che i sonnambuli non anneghino mai; il loro spirito profetico sa leggere "con il ventricolo del cuore" libri chiusi e sigillati, purché applicati direttamente sul loro corpo; possono scorgere con assoluta certezza eventi che si verificano contemporaneamente in altri punti del mondo; possono svelare nei loro sogni delitti compiuti decenni prima. Insomma, non c'è assurdo sortilegio che non possa essere ottenuto da questi individui. I sonnambuli vengono condotti nelle cantine ove si ritiene siano celati dei tesori, e vengono sepolti fino al petto nella terra, perché trovino per contatto medianico l'oro e l'argent 
o. Oppure vengono collocati con gli occhi bendati all'interno di una farmacia, sperando che istituiscano la medicina adatta all'infermo: e infatti designano spesso alla cieca, fra centinaia di medicamenti, l'unico opportuno. Le cose più incredibili vengono senz'altro loro attribuite, tutti i fenomeni occulti e le pratiche che ancora oggi perdurano nel nostro mondo. La lettura del pensiero, l'invocazione spiritica, gli artifici telepatici e teleplastici: tutto ciò ha origine da quest'epoca di primitivo entusiasmo per "il lato notturno della natura". Non passa molto che diventa di moda una nuova professione: il sonnambulo. E poiché un soggetto acquista tanto maggior valore quanto più sorprendenti e sconcertanti sono le sue rivelazioni, i prestigiatori e i simulatori a mente fredda, con mille astuzie e inganni, fanno giungere le loro "forze magnetiche" ai limiti più grotteschi. Già al tempo di Mesmer hanno inizio quei celebri trattenimenti serali di spiritismo in cui Giulio Cesare o gli Apostoli vengono ospiti nelle camere oscure; già vengono invocati e "materializzati" gli spiriti. Tutti i creduloni, i confusionari, le nature pseudo-religiose, tutti i semi-poeti come Justinus Kerner e i semi-dotti come Ennemoser e Kluge affermano e provocano miracoli su miracoli con il sonno artificiale; è quindi ben comprensibile che, di fronte a simili pubbliche e risibili esagerazioni, la scienza, da principio si stringa incredula nelle spalle e in seguito si ritragga con sdegno. Nell'Ottocento, a poco a poco il mesmerismo diventa una faccenda malfamata. L'eccessivo chiasso attorno a un'idea non è mai servito a far chiarezza, e nulla ostacola il progresso di una idea promettente quanto la sua esagerazione. 
 
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CAPITOLO XII 

RITORNO ALL'OBLIO 
 
 
Povero Mesmer. Nessuno è più sconcertato e dispiaciuto di lui di fronte all'irrompere tumultuoso del cosiddetto "mesmerismo". Mentre egli aveva cercato di aprire lealmente la via a un nuovo metodo terapeutico, ora si scatena e si esalta con scomposto fanatismo una schiera di frivoli negromanti, di falsi stregoni occultisti, e a causa del malaugurato termine di mesmerismo Mesmer si sente responsabile dei danni morali provocati da quella gente. Invano l'innocente reo cerca di difendersi dai seguaci non chiesti: "Nella leggerezza e nell'impudenza di coloro che imitano il mio metodo sta la ragione di molti pregiudizi sorti contro di me". Ma come smentire gli incauti zelanti? Dal 1755 il "magnetismo animale" di Mesmer è già sopraffatto e superato dal mesmerismo, suo più brutale bastardo. Ciò che l'insieme dei suoi nemici, l'Accademia e la scienza, non aveva saputo fare, lo hanno ora felicemente ottenuto i suoi rumorosi adepti: per alcuni decenni Mesmer è considerato un istrione senza coscienza, inventore di una ciarlataneria adatta alle fiere dei villaggi. Invano il Mesmer in carne ed ossa protesta e lotta per anni contro il fantasma del mesmerismo: l'errore dei molti riesce a prevalere sul singolo. E ora gli sono ostili tutti: i nemici perché è andato troppo oltre, gli amici perché non eccede con i loro eccessi; ma nemico gli è soprattutto il tempo, sino ad allora tanto propizio. La Rivoluzione Francese cancella d'un colpo la sua opera. Una psicosi collettiva, molto più violenta delle convulsioni attorno al mastello, scrolla il paese: ora, alle cure innocentemente magnetiche di Mesmer, sono subentrate quelle infallibili dell'acciaio della ghigliottina. Ora, principi, duchesse e filosofi aristocratici  non possono più tenere discorsi intellettuali intorno al nuovo fluido; sono finite le sedute nei castelli; e sono distrutti anche i castelli. Amici e nemici, la Regina e il Sovrano, Bailly e Lavoisier, sono colpiti dalla stessa mannaia. È passato il tempo in cui ci si accalorava filosoficamente sulla questione della magia terapeutica e dei suoi dottori. Oggi il mondo non pensa che alla politica e, ancor più, alla propria testa. Mesmer vede disertata la sua clinica, il baquet abbandonato, vede dissolversi il milione di franchi faticosamente guadagnato: non gli rimane che la vita, minacciata anche questa. Ben presto la sorte toccata ai suoi compatrioti Trenck, Cloots, Kellermann, Adam Lux, gli insegnerà quanto poco salda sulle spalle sia una testa di straniero durante il Terrore e come a un tedesco sia consigliabile mutar soggiorno. Mesmer chiude la sua casa e nel 1792, povero e dimenticato, si salva da Robespierre fuggendo da Parigi. 
 
Hic incipit tragoedia. Strappato da un giorno all'altro alla gloria e alla ricchezza, cinquantottenne e solo, stanco e deluso, quest'uomo lascia il teatro dei suoi trionfi europei senza sapere dove rifugiarsi e dove posare in pace la testa. D'un tratto il mondo non ha più bisogno di lui, non vuole più l'uomo che ha festeggiato ancora ieri come un redentore, colmandolo di onori e di omaggi. Non sarebbe consigliabile, ora, attendere tempi migliori nella pacifica terra natia, sul Lago di Costanza? Mesmer ricorda di possedere ancora una casa a Vienna, toccatagli in eredità con la morte della moglie, la sua bella casa nella Landstrasse, e spera di trovarvi la quiete che si conviene alla sua età e al suo lavoro. Quindici anni, - si illude, - bastano a spegnere anche l'odio più acceso. I vecchi medici, i nemici di un tempo, sono da un pezzo nella tomba; dopo Maria Teresa sono morti altri due Imperatori, Giuseppe II e Leopoldo. Chi penserà ancora alla malaugurata faccenda di Madamigella Paradies? Il vecchio si aspetta da Vienna la pace. Ma la zelantissima polizia austriaca ha buona memoria.  
Appena giunto, il 14 settembre 1793, il "famigerato medico" dottor Mesmer viene immediatamente invitato a comparire e a riferire sulla sua "precedente ubicazione". Avendo dichiarato di essere stato soltanto a Costanza e nella regione limitrofa, si fanno raccogliere informazioni dagli ufficiali di polizia sulle sue "preoccupanti opinioni": insomma la macchina della burocrazia austriaca comincia a mettersi in moto. Purtroppo il Capitanato di Costanza comunica notizie favorevoli: Mesmer si è lì "comportato irreprensibilmente" vivendo "molto solitario", tanto che nessuno ha potuto osservare nulla circa i suoi "principi pericolosi ed erronei". Bisognerà dunque aspettare per preparagli una trappola sicura, come era accaduto in passato, con il caso della signorina Paradies. E difatti non passa molto che gli mettono insieme un altro brutto affare.  
Nella casa di Mesmer, nel padiglione del parco, ha domicilio una principessa Gonzaga. Il dottor Mesmer, con la sua abituale cortesia, si sente tenuto a una visita di presentazione alla sua inquilina. Poiché egli giunge in Francia, la Principessa naturalmente parla di giacobini, alludendovi con le stesse espressioni che oggi sono consuete quando si parla di rivoluzionari russi. Ella definisce nel suo sdegno "ces gueux comme des régicides, des assassins, des voleurs". Mesmer, benché emigrato di fronte al Terrore e privato di tutto il suo patrimonio in seguito alla Rivoluzione, da persona intelligente trova troppo sempliciste tali definizioni di un grandioso evento storico e si permette di dire che in fin dei conti costoro combattono per la libertà, non sono dei ladri; e che colpiscono con imposte i ricchi a favore dello Stato, cosa che in sostanza dovrebbe fare anche l'Imperatore d'Austria. La povera principessa Gonzaga quasi sviene. Ma allora c'è un giacobino autentico in quella casa! Appena Mesmer ha chiuso la porta, si precipita con la terribile notizia da suo fratello il conte Ranzoni e dal Consigliere aulico Stupfel. Immediatamente si trova uno zelante delatore, un tal "chevalier" Desaleur, che il rapporto della polizia indica, pur sapendone senza dubbio di più, soltanto come "un certo" Desalleur. Questa spia vede un'ottima occasione per guadagnare facilmente un po' di soldi, e redige un devotissimo rapporto all'Altissima Cancelleria di Gabinetto. Al buon conte Colloredo vengono i sudori: un giacobino nell'impeccabile capitale austriaca? Appena sua Maestà, "che Dio lo conservi". L'Imperatore Francesco, torna dalla caccia, gli comunicano con tutti i riguardi la tremenda notizia che un seguace della "dissolutezza francese" risiede a Vienna, e Sua Maestà "decide" senza indugio che è indispensabile un'inchiesta. Così, "evitando ogni pubblicità", il 18 novembre il povero Mesmer viene condotto e trattenuto alla sede della polizia. 
Ma ancora una volta si vede come sia pericoloso credere troppo presto ai rapporti delle spie. La relazione immediata che la polizia passa all'Imperatore è insufficiente, giacché "dall'inchiesta condotta risulta come Mesmer non sia affatto reo confesso di discorsi imprudenti e pericolosi per lo Stato, e non si è dimostrato in maniera giuridicamente fondata la sua colpa". Nel "devotissimo rapporto" il ministro di polizia conte Pergen propone umilmente di "rilasciare Mesmer con un avvertimento energico e una decisa ammonizione". Cosa resta da fare all'ottimo Kaiser Franz, se non manifestare la sua "alta risoluzione"? "Mesmer deve essere liberato e, poiché ha manifestato l'intenzione di ritornare presto nella regione del suo paese di nascita, si controlli che tale partenza avvenga subito, e per la durata del suo breve soggiorno non gli si permetta alcun discorso sospetto". Ma la benemerita polizia non si sente tranquilla. Il ministro aveva fatto sapere che l'arresto di Mesmer provocava "presso i suoi seguaci, che sono qui numerosi, notevole turbamento". Ora si teme che Mesmer possa protestare in pubblico contro l'infame trattamento. Allora, ad mandatum Excellentissimi, la polizia di Sua Maestà compila anche un altro documento, per togliere di mezzo la faccenda, documento che merita di entrare in un museo quale modello di stile curiale della vecchia Austria. "Poiché il rilascio di Mesmer non può essere ritenuto prova della sua innocenza in quanto, deformando artificiosamente gli ambigui discorsi da lui tenuti, secondo la delazione, non si è in alcun modo esentato dai sospetti contro di lui; considerando altresì come l'effettiva imposizione de consilium abeundi sia stata sospesa soltanto per riguardo alla sua intenzione di volersi allontanare senza indugio; conviene avvertire che non c'è motivo di render pubblica la decisione e che Mesmer ben farebbe a rinunciare a ogni forma di pubblica difesa, riconoscendo il generoso trattamento di cui è oggetto". La pubblicazione del decreto non ha dunque luogo: la faccenda viene messa a tacere in modo così perfetto e definitivo che per centoventi anni nessuno ha mai saputo nulla di questa seconda espulsione di Mesmer da Vienna. La Facoltà può dirsi soddisfatta: l'incomodo collega è squalificato per sempre in Austria. 
Dove andarsene ora, povero vecchio? Il patrimonio, nella città nativa di Costanza, vi è la polizia imperiale in agguato, in Francia infuria il Terrore, a Vienna lo attende la galera. Ai confini si infrangono le ondate alterne di una guerra incessante di tutte le nazioni contro tutte le altre. Da questo folle tumulto universale rifugge nauseato lo studioso, stanco, impoverito e sperduto. Non cerca altro che la tranquillità e un sostentamento per continuare con tentativi sempre nuovi, l'applicazione dell'epoca iniziata, per rivelare finalmente a l'umanità intera la sua idea prediletta. 
Mesmer si rifugia nell'eterno asilo dell'intellettualità europea, in Svizzera. Va a stabilirsi a caso, in un piccolo Cantone, a Frauenfeld, dove esercita la professione con una misera clientela, pur di guadagnarsi modestamente l'esistenza. Per decenni vive così oscuramente che nessuno nella minuscola borgata suppone che quel vecchio taciturno, dai capelli grigi, che professa il suo sapere medico sui contadini, le serve e i mandriani del paese, sia quello stesso dottor Franz Anton Mesmer che sovrani e imperatori hanno osteggiato o lusingato, nel cui palazzo s'affollava l'aristocrazia di Francia, contro cui sono insorte tutte le Accademie e le Facoltà d'Europa, e sulle cui teorie sono stati scritti e pubblicati in tutte le lingue centinaia di libelli, probabilmente più che su ogni altro contemporaneo, compresi Rousseau e Voltaire. Non uno degli antichi discepoli e seguaci va a cercarlo; probabilmente nessuno sa in tutti quegli anni oscuri il suo nome e il suo soggiorno, tanto decisamente si è nascosto quell'esule nel piccolo villaggio montano, per trascorrervi lavorando ininterrottamente e serenamente tutta l'epoca napoleonica. In tutta la storia sarà difficile trovare un altro esempio di un uomo che con altrettanta rapidità sia passato dalle più fragorose ondate della gloria agli abissi più profondi dell'oblio. Nulla d'altra parte garantisce il carattere di un uomo quanto la prova dell'oro di un successo e la prova del fuoco di una sventura. Non impudente o fanfarone all'epoca della sua smisurata popolarità, quest'uomo si mostra durante l'oscurità di una grandiosa modestia colma di stoica saggezza. Senza difficoltà, si direbbe quasi di buona voglia, rientra nell'ombra e non fa il minimo tentativo per richiamare su di sé l'attenzione del pubblico. Invano nel 1803, vale a dire dopo un intero decennio di ritiro, alcuni amici vorrebbero farlo tornare nella Parigi pacificata, perché vi riapra una clinica e raccolga nuovi discepoli. Mesmer rifiuta. Non cerca più la lotta, la discussione, il pettegolezzo. Ha gettato al mondo un'idea: tocca ora all'idea mantenersi a galla o affondare. Risponde con nobile rassegnazione: "Se malgrado i miei sforzi non ho avuto la fortuna di poter illuminare i contemporanei circa il loro stesso interesse, ho per altro il compiacimento interiore di aver compiuto il mio dovere di fronte alla società". Prosegue i suoi tentativi soltanto per se stesso, in silenzio, inosservato, assolutamente anonimo, e non si domanda più se abbiano valore per quel mondo rumoroso o indiferrente: l'avvenire, non il suo tempo, renderà giustizia all'opera sua e, dopo la sua morte, darà vita all'idea. Nelle sue lettere non si sente alcun tono di impazienza o di rimpianto per la gloria perduta, per il matrimonio distrutto, ma soltanto la segreta certezza che sta in fondo a ogni grande sopportazione. 
Se la gloria terrena può spegnersi al pari di una luce, mai lo può un pensiero vitale. Quando questo è entrato nel cuore dell'umanità, anche dopo un letargo di epoche sfavorevoli torna a svegliarsi e a rifiorire inatteso. Non c'è spunto interessante che vada del tutto perduto per lo spirito eternamente avido e inquieto della scienza. La Rivoluzione, e le guerre napoleoniche hanno disperso i devoti di Mesmer, hanno impedito l'accorrere di nuovi seguaci. Considerando superficialmente le cose si potrebbe credere che il seme prematuro sia stato calpestato e isterilito dalle colonne militari in marcia. Invece, senza che Mesmer, il maestro dimenticato, ne abbia sentore, la sua dottrina iniziale continua ad agire in segreto nel gran tumulto del mondo, affidata a pochi individui solitari e taciturni. L'inquietudine di un'età bellicosa aumenta nelle indoli meditative il bisogno di sottrarsi alle brutali violenze del mondo rifugiandosi nel regno dello spirito. Mentre le truppe di Napoleone attraversano l'Europa, mentre ogni anno le carte geografiche cambiano di colore, e i re perdono a dozzine le corone e a dozzine vengono fabbricati, alcuni piccoli medici dispersi in province remote meditano sulle teorie di Mesmer e di Puységur, e ne continuano l'opera nelle catacombe della loro concentrazione. Tutti costoro studiano isolatamente, in Francia, in Germania, in Inghilterra. Per lo più non sanno l'uno dell'altro e nessuno conosce Mesmer, il dimenticato, né è da lui conosciuto. Sicuri nell'affermare, prudenti nel concludere, provano e riprovano i dati di fatto offerti da Mesmer. Così, per vie sotterranee, attraverso Strasburgo e le lettere elvetiche di Lavater, il nuovo metodo continua a diffondersi.  
L'interesse cresce specialmente in Svezia e a Berlino; il celebre Hufeland, medico di corte in Prussia e membro di tutte le commissioni scientifiche, ne interessa personalmente il sovrano. Così finalmente un ordine di gabinetto a Berlino dispone la nomina di una Commissione per un nuovo esame del mesmerismo. 
Nel 1785 Mesmer si era indirizzato per la prima volta all'Accademia di Berlino; e abbiamo visto con quale miserando risultato. Ora che, passati quasi cinquant'anni, nel 1812, la stessa Istituzione propone di propria iniziativa un'inchiesta sul magnetismo, il vero scopritore del problema è tanto dimenticato, che nessuno più ricollega la parola mesmerismo con Franz Anton Mesmer. I commissari alzano gli occhi sorpresi quando, inaspettatamente, uno dei membri durante una seduta avanza la proposta di far venire di persona a Berlino lo scopritore del magnetismo, Franz Anton Mesmer, perché voglia giustificare e chiarire il proprio metodo. Come, dicon tutti stupefatti, Mesmer è ancora al mondo? Ma perché tace, perché si chiude in un silenzio così assoluto, perché con la gloria che lo attende non si fa avanti trionfante e orgoglioso? Nessuno riesce a spiegarsi come un uomo di tanta celebrità possa ritrarsi nell'oblio con tanta modestia. Immediatamente viene fatto pervenire un invito urgente al medico cantonale di Frauenfeld, affinché voglia onorare l'Accademia di una sua visita. Lo attende un'udienza sovrana, l'attenzione di tutta la Germania, forse una riabilitazione trionfale dai molti torti ingiustamente inflittigli. Ma Mesmer rinuncia, si dichiara troppo vecchio, troppo stanco: non intende riprendere la disputa. Allora il 6 settembre 1812 viene inviato da lui, in qualità di Commissario Reale, il professor Wolfart, perché invita "lo scopritore del magnetismo, il signor dottor Mesmer, a comunicare tutto ciò che può tornare utile alla conferma ulteriore, al chiarimento e alla spiegazione di questo importante tema, secondo le finalità della Commissione". 
Il professor Wolfart parte immediatamente. Ed ecco che dopo trent'anni di silenzio si hanno di nuovo notizie dirette dello scomparso. Wolfart racconta: "Vidi superata la mia attesa nel primo incontro personale con lo scopritore del magnetismo. Lo trovai occupato in un lavoro decisamente filantropico. Nella tarda età pareva che la vastità, la chiarezza e l'acuità del suo ingegno, il suo zelo instancabile e vivace fossero accresciuti, e che tanto più degno di ammirazione fosse divenuto il suo modo di esporre, facile e ispirato, reso singolare dalla rapidità dei concetti, così come si è fatta sempre più ammirevole la finezza dei suoi atteggiamenti, la cortesia dei suoi modi. Se a ciò si aggiunga un tesoro di conoscenze certe in ogni ramo dello scibile, quali ben pochi dotti posseggono, una bontà di cuore che si rileva in tutta l'indole, nelle parole e nelle azioni, se si aggiunge infine una capacità quasi miracolosa di influire sui pazienti con lo sguardo penetrante o con il semplice alzar della mano, e si veda il tutto accompagnato da una figura imponente e veneranda, si avrà nelle sue linee essenziali un'immagine di ciò che ho trovato in Mesmer quale individuo".  
Mesmer comunica al visitatore, senza alcuna riserva, tutte le sue esperienze; gli permette di presenziare alla cura dei malati; non solo, ma consegna tutti gli appunti da lui raccolti al professor Wolfart perché li trasmetta ai posteri. Rifiuta però, con impassibilità commovente, ogni occasione di farsi avanti e di richiamare la curiosità sulla propria persona. "Poiché mi rimane da percorrere sul cammino della vita solo un piccolo tratto, non trovo niente di più importante che consacrare il resto dei miei giorni all'applicazione pratica di uno strumento la cui utilità mi viene insegnata da osservazioni ed esperienze, così che il mio ultimo lavoro possa aumentare il numero dei dati di fatto". Così, inaspettatamente, abbiamo l'immagine crepuscolare di quest'uomo eccezionale che è passato per tutte le fasi della gloria, dell'odio, della ricchezza, della povertà e infine dell'oblio, e che si avvia con enorme calma incontro alla morte, pienamente persuaso del significato e della perennità della sua opera.  
I suoi ultimi anni sono quelli di un saggio, di uno studioso sereno ed esperto. Non ha più preoccupazioni di danaro, giacché il governo francese, a compenso del milione di franchi perduto nella svalutazione dei titoli di Stato, gli ha concesso una rendita a vita. Può tornare, libero e indipendente, nella sua patria sul Lago di Costanza, chiudendo così simbolicamente il cerchio della sua esistenza. A Costanza vive come un piccolo gentiluomo di campagna, esclusivamente a suo gusto, che poi rimane sempre uno: servire la scienza con instancabili esperienze. La vista acuta, l'udito intatto, l'intelletto desto fino all'ultimo istante, prodiga la sua forza magnetica a tutti quanti si rivolgono a lui fiduciosi; spesso fa viaggi di ore, in carrozza, per vedere un soggetto interessante, per tentare di salvarlo con il suo metodo. Si dedica anche a esperimenti di fisica, modella, disegna, e non rinuncia mai al concerto settimanale in casa del principe Dalberg. In quest'ambiente musicale chiunque lo incontra decanta la cultura eccezionale ed eclettica di quel vegliardo sempre vegeto, sempre benigno e meravigliosamente impertubabile, che parla con un mite sorriso della sua gloria lontana e senza odio, né amarezza anche dei più accaniti e feroci dei suoi avversari. Quando il 5 marzo del 1814, a ottant'anni, Mesmer sente avvicinarsi la fine, prega un seminarista di suonargli ancora la sua prediletta armonica. È la medesima di cui si è servito Mozart ragazzo nella sua casa di Vienna, la medesima cui Gluck a Parigi ha strappato nuove e ignote armonie, la medesima che lo ha accompagnato in tutti i viaggi e i vagabondaggi della sua vita, che lo segue ora sino alla morte. I milioni sono svaniti, la gloria si è offuscata: dopo tanto rumore, parole e dispute attorno alla sua teoria; al vecchio eremita è rimasto fedele solo quello strumento e la sua musica prediletta. Così egli se ne va, pervaso dalla fede incrollabile di ritornare nell'armonia, nella corrente universale. Quell'uomo che l'odio ha dipinto come un vanesio e un imbroglione, aspetta la morte da saggio, mentre il suo testamento riconferma in modo commovente il desiderio di essere dimenticato del tutto con la richiesta di una sepoltura senza fasti. E il suo ultimo voto è esaudito. Non un giornale al mondo annuncia la sua dipartita. Nel bellissimo cimitero di Meersburg, dove riposa anche una poetessa, la Droste-Hulshoff, seppelliscono come un ignoto quel vecchio la cui gloria ha riempito il mondo e la cui scoperta è ormai compresa nell'epoca nostra. Gli amici gli ergono una lapide simbolica, un blocco triangolare di marmo con segni mistici, con la bussola e un orologio solare, che intendono rappresentare allegoricamente il movimento entro lo spazio e il tempo. 
Ma è destino di ogni cosa eccezionale suscitare l'odio degli uomini: mani sacrileghe deturpano e distruggono l'orologio solare e la bussola, simboli oscuri della tomba di Mesmer, così come scrittori ignoranti ne cancellano il nome. Anni e anni devono passare prima che si pensi a rinnovare la lapide sulla sua tomba, e altri dovranno trascorrere prima che una posterità più solerte si ricordi del suo nome e dell'aspro destino da precursore di questo grande medico tedesco. 
  
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CAPITOLO XIII 

LA SUCCESSIONE 
 
Sorge sempre un tragico conflitto intellettuale quando un'invenzione è più geniale del suo inventore, quando un pensiero concepito da un artista o da uno studioso, da lui stesso incompreso, vien lasciato cadere appena abbozzato. Così è stato per Mesmer. Egli affrontò uno dei problemi più importanti dell'età moderna senza dominarlo, gettò nel mondo un punto interrogativo, e si tormentò invano per dargli risposta. Ma pur smarrendo la via, rimane un precursore, preparatore di nuove mete, giacché è innegabile che tutti i metodi psicoterapeutici di oggi, risalgono direttamente a lui, Franz Anton Mesmer, che per primo dimostrò il potere della suggestione: in modo iniziale e incerto, è vero, ma inconfutabile, a dispetto dello scherno e del disprezzo di un sapere meccanico. Ciò basta a fare della sua vita un'azione, a portare la sua sorte dentro la storia. 
Mesmer fu il primo medico dell'età moderna a constatare e a provocare di continuo sui soggetti malati l'effetto benefico che proviene da una personalità suggestiva, dalla sua vicinanza, dalle sue parole e dai suoi ordini. Ma non fu capace di interpretare il fenomeno e vide in questa incomprensibile meccanica dell'anima un residuo di magia medievale. Gli mancò il concetto decisivo di suggestione, di traslazione delle forze risanatrici, che si compie per effetto di una volontà che agisce da lontano o per irraggiamento di un fluido interno. I suoi discepoli si avvicinarono meglio al problema, ciascuno provenendo da una direzione diversa, e si formarono due scuole: la fluidistica e l'animistica. Deleuze, rappresentante della prima teoria, rimase fedele al concetto di Mesmer di un'esalazione di materia nervosa corporea di una sostanza: credette che in realtà sia possibile una secrezione organica da parte della materia corporea dell'io. Il discepolo animistico di Mesmer, il cavalier Barbarin, negò invece ogni passaggio di materia dal magnetizzatore al magnetizzato e constatò una trasmissione puramente psichica dalla volontà alla coscienza esterna. In tal modo gli risultò inutile l'ipotesi subordinata di Mesmer di un fluido inscrutabile. Croyez et veuillez, credete e vogliate, è la sua formula magica: una concezione ripresa più tardi, dalla Scienza Cristiana e da Coué. Ma sempre più risultava come la suggestione sia un fattore decisivo in tutti i rapporti psichici. E finalmente, nel 1843, Braid nella sua Neuripnologia espose sperimentalmente, irrefutabilmente il processo della costrizione della volontà, ovvero dell' ipnosi. Già un magnetizzatore tedesco, di nome Wienholt, si era accorto nel 1818 che riusciva ad addormentare più rapidamente il suo sonnambulo quando indossava una giacca a bottoni lucidi. Ma l'osservatore incolto non era riuscito ancora a scoprire il nesso decisivo, come cioè attirando l'occhio su un punto lucente si favorisca la stanchezza dei sensi esteriori e con ciò la cedevolezza della coscienza. Braid fu il primo ad applicare praticamente il metodo di stancare lo sguardo del soggetto con pallottoline di cristallo prima di iniziare la suggestione suggestivo: così viene introdotta nella scienza, a lungo diffidente e restia, l'ipnosi, quale metodo terapeutico tecnico, ormai privo di segreti. E per la prima volta, alcuni professori universitari francesi ebbero il coraggio (per la verità cominciano facendo esperimenti sugli alienati) di servirsi in clinica del calunniato e odiato ipnotismo: Charcot alla Salpêtrière a Parigi, Bernheim alla Facoltà di Nancy. Il 13 febbraio 1882, senza però che neppure una sillaba ricordi l'esiliato, Mesmer ebbe la sua riabilitazione a Parigi, quando quella Facoltà riconobbe il metodo terapeutico della suggestione un tempo chiamata mesmerismo. Tolta la scomunica, la psicoterapia sarebbe passata di successo in successo. Tra i discepoli di Charcot ci fu un giovane medico di malattie nervose, Sigmund Freud, che da quel maestro imparò a conoscere l'ipnosi, facendosene un ponte. Presto lo brucerà alle sue spalle, non appena posto piede nel regno dell'analisi. Freud è erede in terzo grado e usufruttuario di quella semente che Mesmer sembrava aver inutilmente affidata a un'arida zolla. 
Impensabile sarebbe poi lo spiritismo senza la catena di cui per primo si era valso Mesmer, senza il concetto della trance e della chiaroveggenza ad essa connessa; e impensabile sarebbe anche la Blavatsky con la sua teosofia. Tutte le scienze occulte, tutti gli esperimenti telepatici e telecinetici, i veggenti, gli interpreti di sogni derivano in ultima analisi dal "laboratorio magnetico" di Mesmer.  
E forse - siamo divenuti prudenti in un tempo in cui una scoperta cancella l'altra, in cui le teorie di ieri sono già appassite l'indomani e quelle secolari si rinnovano d'un tratto - forse sbagliano coloro che ancora oggi proclamano fantastica la concezione più discussa di Mesmer, quella di un fluido trasferibile, che passa da un uomo all'altro, perché non è escluso che anch'essa possa un giorno trasformarsi in realtà. Noi, che senza fili né membrane possiamo percepire nell'identico istante una parola pronunciata a Calcutta o ad Honolulu, noi che sappiamo l'etere pervaso da invisibili messaggi e onde, noi davvero non abbiamo più il coraggio di respingere l'ipotesi di correnti emanate dall'epidermide viva e da nervi eccitati, correnti che Mesmer disse inadeguatamente "magnetiche". Noi potremmo credere, insomma, che nei rapporti da uomo a uomo agisca un principio analogo al magnetismo animale da lui pensato. Perché, infatti, la vicinanza corporea, quella che ridà splendore alla perla già spenta, non potrebbe davvero emanare un'aura di calore capace di eccitare o calmare altri centri nervosi? Perché non dovrebbero verificarsi realmente, tra corpi e anime, correnti e barriere, attrazioni e repulsioni, simpatia e antipatia? Chi oserebbe oggi, in questo campo, pronunciare un sì temerario o un no imprudente?  

Forse anche il pensiero mesmeriano della forza psichica radiante avrà un suo ritorno, perché cosa è mai la scienza se non l'attuazione incessante degli antichissimi sogni dell'umanità? Ma la storia, troppo frettolosa per essere equa, serve soltanto il successo. Esalta il fatto compiuto, l'attuazione gloriosa, non il tentativo audace accolto dal rancore e dall'ingratitudine. Esalta chi giunge al traguardo, non chi dà l'avvio; porta alla luce il vincitore, ma getta nell'ombra gli altri campioni. Così ha fatto per Mesmer, primo tra gli psicologi moderni, che prese su di sé il destino ineluttabile di chi giunge troppo presto. Sempre, infatti, in passato nel sangue, oggi nello spirito, è fatale che si affermi la legge più antica e più barbara dell'umanità: il comandamento inesorabile che impone in ogni età il sacrificio dei primi nati.