Sciamani e Psichedelia

di Bruno Severi

 

Le cosiddette droghe psichedeliche sono state da sempre, in qualche modo, associate alla religione. I funghi psichedelici sono stati usati dagli sciamani siberiani da alcune migliaia di anni fino ai giorni nostri, in quanto consentivano a questi particolarissimi personaggi di entrare in uno stato di trance che consentiva loro di intraprendere il cosiddetto "volo dell'anima". In questa maniera la loro anima abbandonava momentaneamente il corpo e si trasferiva in altre realtà popolate dagli Dei o da varie categorie di spiriti e di anime di defunti. Già 2500 anni fa gli Sciti impiegavano la marijuana durante le loro cerimonie religiose. Anche l'Haoma dello Zoroastrismo e il Soma descritto negli antichi inni Vedici dell'Induismo primitivo sembra derivassero da piante psichedeliche che solo ora gli studiosi ritengono di avere identificato. I riti dionisiaci, così come altri culti misterici similari dell'antica Grecia, si ritiene fossero basati sull'assunzione di sostanze estratte da piante psichedeliche (Amanita muscaria, ergot della Claviceps purpurea, vino mescolato a particolari sostanze, etc.). L'impiego del vino nelle cerimonie religiose cristiane potrebbe essere un lontano ricordo di questi riti più antichi.
Se passiamo al continente americano, troviamo altre innumerevoli importanti testimonianze dell'impiego sacramentale delle piante contenenti principi attivi psichedelici. Testimonianze che non sono solo un ricordo di un lontano passato, ma che ai nostri giorni trovano ancora ampia diffusione.
Le cronache dei Conquistadores spagnoli sono piene di condanne e accuse da parte dei missionari contro l'uso del peyote, che non è altro che un piccolo e apparentemente insignificante cactus che contiene, come principio allucinogeno, la mescalina. La fase più spettacolare dell'intossicazione del peyote è rappresentata da visioni e allucinazioni caleidoscopiche ripiene di forme rapidamente cangianti e dai colori assai vivi. Le popolazioni precolombiane del Messico e dell'America centrale ritenevano che il peyote fosse un messaggero divino in grado di metterci a diretto contatto con gli Dei. Per questa ragione, nei tempi antichi, il peyote era ingerito dai sacerdoti per rivolgere richieste agli Dei o per conoscerne il volere. Un simile impiego avevano dei piccoli fungi del genere psylocibe, considerati dai popoli messicani come funghi sacri.
Gli indiani del Nord-America, nella seconda metà del diciannovesimo secolo, nelle loro scorrerie nel Messico settentrionale conobbero l'impiego di questo cactus. Dopo il 1880 venne fondato, all'interno di varie tribù di pellerossa, un culto che era un misto di animismo e di cristianesimo e che vedeva nell'ingestione del peyote l'espressione più alta dei riti. Una sorta di sacramento. Questo culto prese il nome di "Native American Church" ed è l'unica confessione religiosa degli Stati Uniti alla quale è consentito dalla legge l'uso di una sostanza psichedelica, altrimenti tassativamente proibita.
La stessa sostanza che si trova nel peyote, la mescalina, è presente in notevole quantità in un altro cactus che prospera in Ecuador e nel nord del Perù: il San Pedro (Trichocereus pachanoi). I principi attivi di questa pianta erano e sono ancora utilizzati per mettere in uno stato di trance estatica gli sciamani andini e consentire loro di dialogare con il mondo degli spiriti e delle divinità del loro variegato pantheon religioso.
In quasi tutta l'area amazzonica si raggiunge il mondo degli spiriti e si dialoga con esso mediante l'assunzione di una bevanda di origine vegetale, l'ayahuasca. La pianta del tabacco è ugualmente ritenuta sacra da varie popolazioni sparse in tutto il continente americano.

PSICHEDELICI ED ENTEOGENI

Nei non lontani anni Settanta, gli studiosi nel campo degli stati alterati di coscienza si resero conto che i vari termini - allucinogeno, psichedelico, psicotomimetico, psicotropo, psicolitico, etc. - riferiti alle sostanze in grado di alterare il nostro normale stato di coscienza, non erano più sufficienti per coprire tutta la gamma di situazioni e di vissuti interiori che andavano scoprendo. Per questa ragione fu introdotto il termine enteogeno con riferimento a quei principi attivi, in genere derivati dal mondo vegetale, in grado di indurre la profonda sensazione soggettiva di comunione o di stretto rapporto con la divinità o con un principio cosmico trascendente. In definitiva, gli enteogeni sono ritenuti capaci di indurre degli stati di coscienza di tipo mistico-estatico. Letteralmente la parola enteogeno deriva dalla somma di tre termini dell'antica lingua greca En=dentro, Theo=Dio, divino, Gen=diventare, ossia "diventare divini dentro", nel senso di essere ispirati o posseduti da un Dio.
Tra le tante sostanze in grado di modificare in profondità il nostro normale stato di coscienza in senso religioso solo poche sono unicamente enteogene; la maggioranza è sia enteogena sia allucinogena. Il prevalere dell'una o dell'altra caratteristica dipende, oltre naturalmente dalla composizione chimica della sostanza, da una sequenza di variabili legate principalmente al cosiddetto "set" (stato psicologico ed emozionale del soggetto, unitamente alle sue inclinazioni personali e al suo background culturale) e al "setting" (il contesto in cui si fa l'esperienza). Comunque, è anche vero che certe piante sono tipicamente considerate come evocatrici di stati psicologici che vengono fatti rientrare nella sfera del transpersonale e del mondo mistico. In contesti rituali, più raramente in situazioni profane, le esperienze che ne derivano possono essere di tipo estatico nel senso più profondo del termine, almeno per chi le vive. Molti resoconti di persone che si sono cimentate con l'LSD, il peyotle, l'ayahuasca, la salvia divinorum, l'amanita muscaria, alcuni tipi di tabacco amazzonico e i vari funghetti allucinogeni del genere psylocibe, etc., evidenziano, con una certa frequenza, vissuti che appaiono assolutamente di tipo mistico e hanno prodotto, il più delle volte, sostanziali e durature trasformazioni nelle concezioni filosofiche e religiose di chi ha avuto queste esperienze. Molti valori sono cambiati radicalmente e nuovi ideali, mai prima considerati, hanno re-indirizzato la vita sostituendosi a quelli precedenti.
Sono stati fatti dei precisi confronti tra le esperienze indotte da sostanze enteogene e le vere estasi mistiche, sia cristiane che non. Spesso non si è colta alcuna differenza, tanto che un giudice esterno, davanti a dei resoconti sia di estasi prodotte da sostanze psichedeliche sia di classiche estasi religiose, non è in grado di attribuire un'esperienza all'uno o all'altro gruppo. Nelle estasi indotte da enteogeni, né l'aspetto cognitivo né quello più strettamente emozionale differiscono in nulla dai racconti fatti dai più famosi mistici dell'antichità sui loro rapimenti estatici avuti in condizioni certamente non favorite dall'assunzione di particolari sostanze.


VIAGGIO A RITROSO NELLA STORIA DELL'UOMO

La razza umana ha una lunghissima e venerabile storia di rapporti con questo genere di sostanze psicoattive. Tra l'altro, il mondo vegetale ne è pieno e ogni angolo della terra ha il suo corredo di piante dalle quali varie popolazioni hanno estratto principi attivi con proprietà allucinogene o enteogene. Il loro rapporto con le varie religioni o forme di religiosità, sia nello stato embrionale dell'uomo primitivo sia nelle forme più evolute di successive civiltà, è sempre stato molto stretto e non si è mai totalmente interrotto. Occorre anche precisare che un uomo che assuma una sostanza enteogena, a seconda del suo background religioso, della sua cultura e della sua sensibilità, potrà attribuire ad entità spirituali o allo stesso suo Dio le immagini percepite e gli incontri avuti durante l'esperienza. Ma vi sarà anche chi, all'opposto, cercherà di darne una spiegazione laica e materialistica come può essere, ad esempio, quella che si rifà a banali e transitorie allucinazioni o ad altre inconsuete aberrazioni della mente mediate da reazioni chimiche all'interno del cervello.
Gli sciamani del periodo preistorico sono stati i primi a raccogliere e a trasmettere alle successive generazioni i segreti da loro carpiti alla natura. Erano, come ci riferisce il notissimo studioso di storia delle religioni Mircea Eliade, i maestri dell'estasi, estasi che essi raggiungevano sia con mezzi chimici (di derivazione vegetale), sia con altre tecniche della più varia natura (danze, canti, digiuni, isolamento, mortificazioni, ascolto di suoni e ritmi stereotipati, etc.). E non mancano certo gli studiosi (tra i quali spiccano il famoso etnomicologo Gordon Wasson e l'etnobotanico Terence McKenna) che ritengono che la primitiva e rozza religiosità dell'uomo primitivo si sia notevolmente evoluta grazie al casuale incontro con alcune particolari piante (enteogene e psichedeliche) di cui si è cibato. Questo semplice e casuale fatto avrebbe aperto la sua coscienza verso stati mai prima sperimentati, mettendolo a confronto con nuove realtà sino ad allora nemmeno immaginate.
Secondo questa ipotesi, con l'assunzione di sostanze psicoattive, e ancor più di enteogeni, si sarebbe verificato un sostanziale salto di qualità tra gli uomini della preistoria. La loro coscienza, fino a quel punto rudimentale e legata unicamente agli istinti e agli aspetti pratici della vita, avrebbe subito, con l'uso di quelle piante, uno straordinario e improvviso balzo evolutivo. Le nuove visioni, che si sono loro inaspettatamente presentate, erano popolate da creature mai incontrate prima, da esseri invisibili al nostro normale stato di coscienza, da forze, energie e rapporti tra le cose e tra gli esseri di questo mondo mai prima avvertite. Le visioni e i contenuti erano molto più ricchi, oltre che di tipo diverso, rispetto a quanto si presentava sia nel normale stato di veglia, sia nello stato di sogno. Alla loro vecchia e semplice coscienza si andava aggiungendo una nuova consapevolezza: che oltre al mondo visibile, percepibile da tutti, ne esiste un secondo, oscuro o luminoso, pauroso o rassicurante, abitato da divinità o da esseri malefici, esplorabile o del tutto impraticabile, a seconda che si riesca o meno a trovare la chiave per entrarvi e se ne conoscano nello stesso tempo le regole che lo governano. Chi vi entrava senza alcuna preparazione vi poteva trovare la morte o la pazzia.


I PRIMI SCIAMANI

Ben presto vennero identificate alcune persone che avevano maggiori capacità delle altre di modificare il loro stato di coscienza e di usare questa nuova condizione per entrare in quel mondo secondo e dialogare con le misteriose presenze che vi abitavano. Con particolari rituali, formule e sacrifici, man mano sempre più elaborati ed efficaci, le terrifiche entità dell'altro mondo potevano essere avvicinate e si poteva anche farsele amiche, alleate. Queste entità avevano spesso le sembianze di animali o di persone defunte. Si scoprì che era possibile chiedere loro consiglio, farsi predire il futuro, ricevere utili informazioni per la caccia e per la guerra, sapere come guarire le ferite e le malattie. Questi uomini speciali (gli sciamani) erano anche in grado, con il permesso e l'aiuto di queste entità, di viaggiare nella nuova dimensione, di scoprire le divinità che governavano i regni sotterranei o quelli celesti, incontrare i signori della vita e della morte. Allo stesso modo con cui Dante Alighieri visitò il mondo dell'oltretomba guidato da Virgilio, lo sciamano era accompagnato in quelle lande sconosciute da una o più entità spirituali con la quale aveva fatto amicizia o con la quale aveva instaurato un rapporto di collaborazione. In questi viaggi avventurosi, che potevano costare la vita alla minima imprudenza ed errore, fu scoperto il mondo dei trapassati, il loro rifugio finale. Avendo acquisito il modo per entrare in questi incredibili stati di coscienza, vissuti come mezzo per accedere a dimensioni ultramondane, sia avendo di queste ultime appreso la topografia, lo sciamano poteva ora divenire l'intermediario tra questo e l'altro mondo, e in particolare si assumeva il compito di guida dei defunti accompagnandoli, perché non si perdessero, verso il misterioso e oscuro regno delle ombre. Nacque così, e si perpetuò, la funzione di psicopompo dello sciamano della preistoria.
I voli estatici in queste dimensioni consentirono anche di conoscere in dettaglio le varie tipologie di entità spirituali che vi abitavano. Vi erano spiriti buoni con i quali era facile prendere rapporto e ricevere aiuto e consigli. Altre entità erano apparentemente pericolose ma, con opportune astuzie e rituali, potevano essere piegate ai propri desideri ed essere mutate in alleati. Infine, non mancavano gli spiriti assolutamente ostili con i quali occorreva combattere per non soccombere e per evitare danni sia allo sciamano, sia alla sua comunità. Contro questa ultima categoria di spiriti lo sciamano con le sole sue forze non poteva alcunché: poteva contrastarli solamente con l'aiuto degli spiriti alleati. In ogni modo, anche se guidato, il suo accesso alle regioni dell'altra dimensione era sempre un'impresa estremamente pericolosa. Non si poteva osare tanto senza una opportuna selezione e preparazione.


L'INIZIAZIONE SCIAMANICA

Apparve ben presto chiaro che non tutti potevano diventare gli intermediari tra i due mondi: solo pochi eletti con una speciale predisposizione innata e che erano stati in qualche modo prescelti dagli spiriti a questa missione potevano diventare sciamani. Spesso questa sorta di vocazione o di chiamata all'arte dello sciamano si manifestava nel corso di una grave malattia o di un pericoloso incidente, talora dopo essere stati colpiti dal fulmine, in situazioni dunque nelle quali la persona era giunta veramente a un passo dalla morte. In questo stato era facile che si presentassero visioni, sogni o allucinazioni popolate da strani esseri che davano al moribondo un segno, indicavano una strada, prospettavano una missione. Molto spesso, in queste visioni la persona assisteva a una rappresentazione allucinatoria nel corso della quale vedeva, come in preda a un'esperienza extracorporea (OBE), il proprio corpo separato dalla sua coscienza nell'atto di venire fatto a pezzi dagli spiriti, dilaniato nel modo più feroce e minuzioso e buttato da parte. In seguito poteva vedere la ricostruzione del suo corpo con nuove membra, con nuovi organi e con nuovi fluidi ad opera delle stesse entità spirituali. Attraverso questi processi così brutali il futuro sciamano rinasceva simbolicamente a una nuova vita, molto più ricca ed evoluta di prima, lasciandosi alle spalle un corpo e una coscienza ormai inutili. Gli spiriti trasmettevano poi al neofita i loro insegnamenti segreti e specialissimi poteri.
Una volta guariti dalla malattia, guai a non seguire quelle indicazioni, a non seguire la strada che in qualche modo era stata indicata. Non c'era possibilità di rifiutare, pena la follia o la morte. Tutto questo rappresentava la prima fase dell'iniziazione sciamanica contraddistinta, come si è visto, da esperienze transpersonali popolate da spiriti e da scene terrificanti, dall'incontro con la morte e da una rinascita e, infine, da un corpo di insegnamenti segreti. Solo morendo alla loro precedente esistenza potevano affacciarsi a una nuova vita, spiritualmente più evoluta e arricchita da esperienze e insegnamenti che mai si sarebbero aspettati. Successivamente dovevano affrontare la parte finale dell'iniziazione, quella tradizionale. Uno o più sciamani anziani trasmettevano al neofita i loro segreti, le loro esperienze e tutte quelle tecniche che permettono di padroneggiare le misteriosi energie dell'altra dimensione. Infine, dopo una difficile prova sul campo per verificare il grado di preparazione raggiunto, si diventava a tutti gli effetti sciamani e ci si metteva al servizio della propria comunità per alleviarne le sofferenze o scioglierne le incertezze. Si diventava gli intermediari tra questo e l'altro mondo, con poteri soprannaturali veramente unici. Grazie all'estasi, che avevano imparato a prodursi e a padroneggiare, i nuovi sciamani raggiungevano altre dimensioni, viaggiavano e incontravano gli spiriti, i defunti e i signori dei regni celesti e degli inferi, ricevevano da loro consigli, nuovi insegnamenti e più penetranti energie. In altre parole, veniva trascesa la condizione umana per entrare nel mondo del mito e del divino.
"C'è un mondo al di là di questo, un mondo che è molto lontano ma anche assai vicino, ed invisibile. Ed è là dove vivono gli Dei, dove vivono i morti, gli spiriti ed i santi, un mondo dove ogni cosa è già successa ed ogni cosa è conosciuta. Quel mondo parla. Ha un suo linguaggio particolare. Io riferisco quello che dice. I sacri funghi mi prendono per mano e mi conducono nel mondo dove ogni cosa è conosciuta. Sono essi, i sacri funghi, che parlano in modo che io possa capirli. Io pongo loro delle domande ed essi mi rispondono. Quando ritorno dal viaggio che ho fatto con loro, racconto ciò che mi hanno detto e ciò che mi hanno mostrato". Questo è quanto ha raccontato al famoso etnobotanico R.E. Schultes e allo scopritore dell'LSD A. Hofmann la sciamana Mazateca Maria Sabina riguardo alle sue esperienze spirituali, a cui accedeva con l'uso di funghi allucinogeni contenenti psilocibina, seguendo una secolare tradizione risalente alla civiltà azteca.


LA PROFESSIONE DELLO SCIAMANO

Le funzioni principali degli sciamani sono molteplici. In primo luogo sono i depositari della cultura del loro gruppo che riguarda la cosmogonia, le leggende, le tradizioni, i miti. Altra fondamentale funzione riguarda l'attività come guaritore. A questo proposito occorre precisare che per i popoli primitivi le malattie sono generalmente dovute alla perdita dell'anima o al furto di essa da parte di entità spirituali malevolenti. In questo caso lo sciamano viene incaricato dai familiari dell'ammalato di ritrovarla. A tal fine egli attua una seduta cerimoniale nel corso della quale, attraverso tecniche che gli sono proprie, entra in un particolare stato modificato di coscienza (trance estatica) che gli permette di compiere il cosiddetto volo dell'anima. La sua anima esce dal corpo e va alla ricerca di quella della persona ammalata e, se necessario, raggiunge in spirito il regno degli inferi.
Non solo gli spiriti possono essere la causa delle paure e delle malattie all'interno di una comunità. Anche gli stessi sciamani, su propria iniziativa o su incarico di altre persone, possono indirizzare un maleficio verso una persona al fine di farla soffrire o di farla morire. In tale evenienza, sarà incaricato un altro sciamano per cercare di neutralizzare l'attacco e di ribattere colpo su colpo le magie avversarie.
Presso molte culture primitive, la mancanza di uno sciamano rappresenta la più grande disgrazia che possa capitare a una comunità. Questa rimane senza alcuna guida, in totale balia degli spiriti e delle forze della natura. Non sa come reagire e come rapportarsi con loro, non sa interpretare i segni che da loro provengono. Una comunità che si trovi in questa non augurabile situazione, in definitiva, è destinata a disgregarsi, a non avere alcuna possibilità di continuare la propria esistenza. È come una nave con il timone rotto in balia della tempesta. Il suo destino è segnato, non c'è alcuna possibilità per fronteggiare le incontenibili forze che incombono su di essa. Da queste considerazioni, appare evidente come un'importantissima ulteriore funzione sciamanica sia quella psicoterapeutica. Ossia, stabilizzare il clima sociale e psicologico della comunità, alleviare o risolvere ogni tipo di tensione e di paura, assumersi in prima persona il compito di acquietare gli spiriti affinché l'intera popolazione non ne debba soffrire la collera.


L'ESPERIENZA PSICHEDELICA

Come abbiamo visto, per l'uomo primitivo, ma anche per molti uomini moderni, i mondi che gli enteogeni dischiudono erano e sono popolati da entità ritenute soprannaturali o divine. Intere mitologie e religioni sarebbero state create su queste basi. La nostra cultura occidentale e postmoderna è ancora impregnata da queste arcaiche suggestioni, seppure in modo più o meno velato e latente. Alcuni studiosi degli stati alterati di coscienza hanno cercato di scoprire quale fossero le caratteristiche e le potenzialità di queste esperienze così inconsuete e multiformi. A loro si è affiancata una schiera non esigua di psicoterapeuti che cercavano di utilizzare i composti allucinogeni (principalmente quelli enteogeni) per scopi terapeutici. Entrambi i gruppi, oltre alle evidenti differenze tra individuo e individuo, hanno riconosciuto in modo convincente dei punti in comune tra gli effetti indotti dai derivati allucinogeni; in particolare, hanno individuato dei vissuti o tappe che, a grandi linee, sembrano succedersi in modo abbastanza costante durante la seduta psichedelica.
La prima tappa (dell'attesa) è quella che segue immediatamente l'ingestione della sostanza. Ci si pone in tranquillità e in silenzio aspettando che qualcosa avvenga. È la fase nella quale ci si predispone ad accogliere un'esperienza che si spera possa essere importante sia per conoscere più a fondo se stessi, sia per tentare di scoprire e immergersi in nuove realtà.
Segue una seconda tappa (delle manifestazioni fisiche) che è spesso caratterizzata da brividi di freddo molto intensi alternati a periodi di eccessivo caldo. Subentra nausea, si può vomitare e intervengono forti tremori incontrollabili in varie parti del corpo.
A questa fase succede quella allucinatoria, specie di tipo visivo. Dapprima le visioni sono semplici, geometriche, caleidoscopiche e sembrano possedere una loro vita indipendente. Su di esse non si può esercitare il minimo controllo. Possono, non necessariamente, trasformarsi in visioni più complesse con scene fantastiche, specialmente legate al mondo della foresta se la seduta si svolge in questo ambiente, con comparsa di strani personaggi o animali con i quali si può, a volte, anche dialogare. È probabilmente questo uno dei momenti in cui vengono ricevuti, da chissà chi, messaggi e insegnamenti di vario genere. È possibile anche sentirsi trasformare in animali, specialmente uccelli e volare. Si può avere l'impressione di uscire dal proprio corpo e trasferirsi da altre parti o in altre dimensioni. Alcune volte le visioni possono, invece, essere paurose e minacciose tanto da indurre la persona che le vive a cercare in tutti i modi di uscirne.
La fase allucinatoria può rappresentare la fine della seduta o, al contrario, essere il preludio a una fase successiva (della conflittualità) all'interno della quale ci si raffronta con le angosce, le paure e i conflitti che emergono impietosamente dalle profondità dell'inconscio. Si sperimentano la sofferenza, la solitudine e il dolore. Ricordi tristi o scomodi e rimossi possono essere rivissuti con grande intensità e sofferenza.
Raramente segue un'ulteriore fase, quella della disgregazione della personalità, dell'io, nella quale si sperimenta il nulla, il vuoto, persino la pazzia. È una fase strettamente psicotica ma, nello stesso tempo, quella che sembra dare, in una fase successiva, l'illuminazione, la reintegrazione della personalità più profonda, la realizzazione del Sé. In alcuni casi è anche possibile fare un drammatico incontro con la morte, vissuta contemporaneamente sia come da spettatore, sia come da vittima. Se si riesce a superare l'estrema angoscia del momento e ad accettare la possibilità reale di poter morire in quel preciso istante, allora scattano dei meccanismi che portano quella persona a un sostanziale passo ulteriore.
Si raggiunge così la fase tipicamente transpersonale all'interno della quale si possono sperimentare esaltanti stati mistici o un rapporto molto intimo con una realtà trascendente che le parole non sono in grado di descrivere. Si possono, infine, incontrare entità spirituali che parlano e danno speciali insegnamenti.
È in questo ultimo passaggio che le proprietà enteogene delle sostanze ingerite vengono manifestate al massimo grado, facendo vivere esperienze che possono segnare per sempre l'esistenza e indirizzarla, con rinnovati valori, verso mete mai prima immaginate. Ma sono pochi quelli in grado di arrivare tanto lontano.
Per sostanziare ulteriormente le conclusioni che più avanti esporrò vorrei, sia come testimonianza, sia come caso esplicativo di esperienza psichedelica estrema, illustrare nei punti essenziali i profondi e conturbanti vissuti che ho avuto con una di questa sostanze enteogene, l'Ayahuasca. Ho assunto ripetutamente questa sostanza nel corso di cerimonie sciamaniche all'interno della selva amazzonica, in un contesto, pertanto, molto suggestivo, forse il più adatto a vivere con maggiore pienezza un'avventura psichedelica. La presenza dello sciamano mi ha dato sicurezza e mi ha permesso di sciogliere quelle paure e quei freni psicologici che immancabilmente impediscono di vivere in pieno quanto si va sperimentando.
In breve, ho avuto visioni fantastiche e indescrivibili, ho fatto l'incontro con la morte, con la pazzia, con i ricordi più scomodi, e perciò rimossi, della mia vita. Ho ricevuto diversi insegnamenti da un'entità che non vedevo e con la quale dialogavo in modo non verbale. Sono arrivato quasi al punto di accettare la disgregazione del mio io perché invitato a farlo innumerevoli volte da quell'entità invisibile. Ho nettissimo il ricordo di essermi sentito trasformare, pezzo per pezzo, in un uccello per poi volare in lande sconosciute. Per un paio di volte ho visto misteriose entità che smembravano il mio corpo per poi ricostruirlo in modo nuovo. Io mi sentivo contemporaneamente vittima impotente e spettatore di questo processo inquietante. Ho provato un intenso senso di comunione con la natura e con la gente che mi stava accanto.
Questa breve e succinta elencazione non rende giustizia di tutto quello che ho vissuto in quelle sedute: è solo una pallida ombra del mondo fantastico che l'ayahuasca mi ha fatto incontrare. La sensazione soggettiva che ne ho tratto è stata quella di sentirmi profondamente trasformato, di avere scoperto, pian piano nel tempo, nuovi significati e nuovi valori, di essermi lasciato alle spalle un modo di concepire le cose che ora vedo come limitato e grezzo. Forse tutto questo è solo un'illusione. Ciò nonostante, l'esperienza con l'ayahuasca, seppure estremamente sofferta e ancora in buona parte da decifrare, la considero un punto chiave nella mia vita.


CONCLUSIONI

Non mi sembra azzardato riconoscere, almeno in alcune delle tappe sopra descritte, dei precisi punti in comune con alcuni dei vissuti principali dell'esperienza iniziatica degli sciamani. In chi riesce ad arrivare alle fasi più avanzate dell'esperienza psichedelica è come se si innescasse un processo iniziatico non ritualizzato, del tutto privato, vissuto in modo diretto grazie al dispiegarsi di alcune potenzialità innate. Una specie di archetipo che con le droghe enteogene troverebbe, talora, la via per emergere simbolicamente alla superficie e manifestare le sue profonde potenzialità trasformative e realizzative. Anche se soli e senza punti precisi di riferimento, starebbe poi a noi, e solo a noi, dare un significato e un seguito a quanto nella profondità del nostro essere si è così misteriosamente manifestato.
Ma una cosa è certa. Chi è riuscito a raggiungere questo punto estremo dell'esperienza psichedelica non è più la stessa persona di prima; i suoi ideali sono mutati, la sua visione del mondo si apre a nuovi orizzonti; raggiunge un rapporto di comunione molto intimo con la natura e con gli altri esseri viventi; il timore della morte è di molto stemperato. Si dice che alcuni hanno successivamente acquisito dei particolari poteri che hanno permesso loro di travalicare le normali potenzialità umane. Altri affermano di avere acquisito una nuova e misteriosa energia che sembra agire positivamente sulle persone sofferenti.
Considerati i tanti punti in comune, è forse quella psichedelica una via alternativa per portare a termine un'esperienza iniziatica di tipo sciamanico tradizionale? Inoltre, è solo casuale il fatto che anche le esperienze perimortali (NDE) siano state equiparate, per le tante somiglianze, all'iniziazione sciamanica? Esiste veramente una sorta di archetipo iniziatico che potrebbe essere risvegliato da più di un tipo di esperienza psichica estrema? È forse l'incontro con la morte, vissuto sia realmente che ritualmente, la condizione necessaria per far emergere simile presunto archetipo nel caso dell'iniziazione sciamanica, nel caso delle NDE, così come nelle fasi più profonde dell'esperienza psichedelica?
Non è bello terminare un articolo con delle domande. Il lettore in genere si aspetta, al contrario, delle risposte, delle spiegazioni, delle assicurazioni. Nonostante questo, in cuor mio spero e penso di avere posto tra le parole di queste domande delle indicazioni utili, degli spunti per indirizzare future ricerche, delle tracce da seguire per raggiungere una possibile meta. Speriamo che i fatti mi diano ragione.